Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Le allegorie del potere di Larraz alla Galleria Contini
La mostra alla Galleria Contini: «Un diario dei miei sogni»
Sembra un film in cinemascope in cui scorrono le immagini di paesaggi caraibici, dalle luci bianchissime che abbagliano e quasi stordiscono. Si infrangono in mari e cieli infiniti. Ci sono poi poetici arabesque, treni o poltrone volanti, macchinone anni Sessanta, donne procaci un po’ felliniane e un po’ Jessica Rabbit, grottesche allegorie del potere che denunciano la sopraffazione dell’uomo sull’uomo.
È un ironico universo tra sogno e malinconia, narrato in stile Edward Hopper, quello di Julio Larraz, tra i più significativi autori del panorama contemporaneo, nato a Cuba nel 1944 ed «esiliato» con la famiglia nel 1961 negli Stati Uniti, dove continua a vivere e lavorare. Una ferita mai rimarginata: «Niente è cambiato a Cuba – afferma l’artista - negli ultimi 60 anni. Non è più la mia Cuba. Non lo è mai più stata da 60 anni a questa parte». S’inaugura sabato alla Galleria d’Arte Contini di Venezia la mostra «Julio Larraz. Viaggio nella Fantasia», che presenta fino al 22 dicembre una settantina di opere, tra dipinti e sculture, tutte accomunate da un linguaggio onirico, metafisico e surreale, benché legato a temi di quotidiana attualità. Spiega Larraz: «È una specie di diario della mia vita, dei miei sogni, dei miei desideri. Sguardi».
Quello che colpisce delle grandi tele del visionario autore è l’uso magistrale di una vena sarcastica offerta in maniera ammiccante grazie ad una tavolozza cromatica brillante e un sapiente gioco delle ombre. Così è proposto il probabile Onassis in A Video Show in the War Room o la Regina Elisabetta di A day at the Aquarium e American Credentials Before the Queen of Hearts tutta di giallo vestita, con i titoli delle opere anch’essi derisori: «La sua natura di sudamericano marca il gallerista Stefano Contini gli permette di giocare anche nelle situazioni più serie, di cadere e sorridere, star male e pensare che può esserci anche di peggio. Viva Julio Larraz!».
Le donne sono spesso viste cinicamente come merce associata ad una prevaricazione detestabile, dissacrare il potere è una costante delle sue tele. Che sia quello politico o della società e dell’immagine, come in Plebis Scitum o in Paparazzi. Anche se Larraz puntualizza: «Non penso che il potere sia sacro, è più che altro dar discredito a coloro che non devono essere in possesso del potere». I quadri del pittore cubano sono un mix di esistenze e metafore, tra classicismo e modernità, citazioni e sorprese.
Nei suoi «Imperatori» la solennità dell’effigiato viene manipolata deformando i tratti somatici e colorando tutta la serie scultorea con tinte vivaci, talvolta fluorescenti, dal gusto Pop. Tra rinoceronti in arena, aerei presidenziali, segnali di fumo e una Langostera in un’acqua alla David Hockney, c’è poi un lato più introspettivo e lirico dell’arte di Larraz, fatto di paesaggi solitari, come A Walk with Homer, Night Fishing at The Bay of Mirrors o Port of Call on the Sea of Rains, dove il potere diventa quello della natura; e di marine blu catalizzanti e dominanti, motivo per lui predominante in un arcipelago pittorico fondato su mille isole che parlano di viaggi, addii e ritrovamenti. Infine, provate a entrare One Day in the Life of Monsieur Vincent: scoprirete un Van Gogh del tutto inedito.