«Usura, tre anni per i Bellavita»
Lo dice la difesa della sorella, che è in carcere: assolvetela. Lui è ancora in Romania. L’incognita prescrizione
A processo per usura con la sorella: lui è in Romania, lei in carcere.
Era un periodo d’oro per Gianpaolo Bellavita ( foto), ragioniere commercialista e assessore provinciale al Bilancio. Era il 1999, anno dei fatti per cui è di nuovo a processo. Ora, sessantenne, non sta scontando 10 anni e 11 mesi in carcere solo perché la Romania, dove si era rifugiato, lo trattiene per altri guai.
In cella c’è sua sorella Stefania, 51 anni, che sta scontando un residuo pena per truffa all’Ue e bancarotta. «È difficile che prenda posizione contro il fratello», dice di lei il suo avvocato Enrico Mastropietro. Ma nel giorno in cui il pm Antonio Pansa (il fascicolo è del pm Maria Cristina Rota) ha chiesto per fratello e sorella la condanna a tre anni, per usura, il legale fa il suo mestiere. La difende e chiede l’assoluzione almeno con il secondo comma, la vecchia insufficienza di prove: «L’effettivo protagonista è il fratello, lei era gregaria. Il suo ruolo fu quello di chi porta una carta da far firmare e basta». Si riferisce al documento che segnò la vita dei due fratelli, imprenditori edili di Ghisalba, e le loro mogli che secondo il pm chiesero a Bellavita un prestito di 250 milioni di lire, da restituire con il 10% di interesse mensile, e per delle firme in bianco si ritrovarono a cedere, senza saperlo, le loro villette da un miliardo. «È pacifico che, in difficoltà economiche, accettarono il prestito. Ed è pacifico che non abbiano mai autorizzato la vendita», li assiste l’avvocato Francesca Morandi (con Giancarlo Ravasio) che ha chiesto 100.000 euro come provvisionale, più il risarcimento.
La vicenda è così datata che nel frattempo uno dei due fratelli è morto. A processo, l’altro fratello, la moglie e la vedova hanno raccontato di aver scoperto che le loro case erano state vendute dalla lettera di un’immobiliare romana, nel 2011. Ieri sono tornati in aula, per riconoscere le loro firme su un documento: «Ma il contenuto no». Dicono che glielo portò Stefania Bellavita con Lorenzo Sporchia, 66 anni, ragioniere di Martinengo, che ricevette il mandato a vendere. Anche lui è imputato, ma il suo avvocato Paolo Casetta ha ridimensionato il ruolo a mero procuratore a vendere le case, su richiesta degli imprenditori. Va assolto, ha invocato il difensore (il pm ha chiesto tre anni anche per lui): conosceva uno dei imprenditori, aveva prestato loro 42 milioni di lire e conosceva Bellavita «in quel momento professionista stimato e di un certo spessore», è sempre Casetta.
Il pm ha chiesto la stessa condanna per tutti e tre ma nella «serie di anomalie» ha esordito con una, in particolare: «che un commercialista si atteggi a istituto di credito, attività che non sembra sporadica ma professionale». Gianpaolo Bellavita, appunto. La sua difesa (Benedetto Bonomo) parlerà il 20 novembre. È probabile che solleverà anche il nodo della prescrizione, come già Casetta. Mastropietro l’ha fatto intendere: «Quando leggo sui giornali di grandi modifiche sulla prescrizione sono preoccupato, perché già oggi il tribunale si trova a giudicare fatti vecchissimi». Sono contestati dal 1999 al 2006. L’usura si prescrive in 10 anni, l’aggravante può allungarla di due anni e mezzo, la recidiva anche. I conti vanno fatti.