Decreto dignità Aib all’attacco «È inefficace»
Zini: «Troppo rigido, ci rimettono anche i lavoratori»
Ieri, Aib ha spiegato a circa 300 imprenditori bresciani le applicazioni del Decreto dignità. Tra i dubbi della platea, il vice direttore Zini è andato all’attacco: «Rischiano non solo le aziende ma anche i dipendenti».
Tante domande, grande problema. E per un incontro che aveva come obiettivo quello di fare il massimo della chiarezza sui contenuti del nuovo Decreto dignità, vuol dire aver saputo cogliere le difficoltà in cui naviga, sul tema, il mondo industriale.
Un convegno tecnico quello voluto ieri mattina dall’Aib, che ha raccolto oltre 300 adesioni e tante preoccupazioni. Tensioni che Roberto Zini, vice presidente di via Cefalonia con delega al lavoro, alle relazioni sociali e al welfare, non ha voluto minimizzare: «Con l’entrata in vigore del decreto legge ci siamo trovati a dover far coesistere, in quattro mesi, altrettanti regimi normativi diversi. E se è vero che il metodo in politica è anche sostanza, con la scelta di utilizzare un decreto rigido, si è voluto sminuire il ruolo della contrattazione collettiva. Direzione opposta a quanto sottoscritto a marzo tra Confindustria e sindacati con il Patto per la fabbrica».
Anche se si capiscono gli obiettivi governativi di voler ridurre le dimensioni della precarietà del lavoro o le delocalizzazioni selvagge, «il lavoro non si crea per decreto: si rischia di ottenere esattamente l’effetto contrario. In questo Paese sembra sempre che si debba cambiare e abolire, a prescindere, il lavoro di chi ti ha preceduto al governo». Una considerazione che trova giustificazione anche nei numeri. I dati contenuti nel rapporto annuale sulle comunicazioni obbligatorie 2018 del ministero del Lavoro dicono come, a partire dal 2015, sia aumentata l’incidenza delle trasformazioni a tempo indeterminato dei contratti a tempo determinato superiori a 12 mesi. Una quota che lo scorso anno si è attestata ben oltre il 25 per cento. Difficile per gli imprenditori comprendere anche la stretta sull’utilizzo dei contratti in somministrazione che, stando ai dati ufficiali (16,4% del totale dell’occupazione dipendente nel primo trimestre 2018) sono in linea con il dato medio dell’Eurozona (16,3%).
La sensazione, ascoltando le richieste di chiarimenti della platea, è stata quella che per pur nella volontà di rispettare una legge le cose si complichino nell’affrontare i tanti singoli casi concreti. E i rischi di non essere in regola sono dietro l’angolo. Con la conseguenza di veder tornare a salire i numeri dei contenziosi dopo una stagione che aveva visto calare le cause di lavoro, passate dalle 8.019 del 2012 alle 1.246 del 2016. Situazioni che gli imprenditori, insieme all’innalzamento del 50% delle indennità dovute in caso di licenziamento illegittimo, «potrebbero scoraggiare le assunzioni a tempo indeterminato. Insomma — ha concluso Zini — con il varo di questo provvedimento si rischia l’esito paradossale di non fare l’interesse delle imprese e neppure quello dei lavoratori che si ritroveranno per lo più con contratti di durata inferiore». Per quanto riguarda il rischio delocalizzazioni, «va bene contrastare quelle selvagge ma attenzione a mettere i bastoni tra le ruote ai processi di internazionalizzazione sana così come a creare incertezze alle imprese straniere che vogliono investire nel nostro Paese».