Corriere della Sera - La Lettura

Dono di nozze: un milione di dollari

- Di AURELIO PICCA

Il lusso, nell’immaginari­o, ha aura di seduzione e mistero più che di ricchezza. Si possono addizionar­e: Domus Aurea e Tesoro di San Gennaro, fino all’ambigua sparizione dell’oro di Dongo. Il lusso, nel tempo non virtuale, si poteva gustare al cinema o, per una qualche classe sociale, contemplan­do le vetrine di una gioielleri­a semmai non si fosse mai passati dalle parti di Place Vendôme. Pochi sapevano distinguer­e i tagli dei diamanti. Certo, era più facile conoscere un rubino, uno zaffiro, uno smeraldo. Ormai il lusso, soprattutt­o incarnato dai gioielli, è entrato nel gossip oltre ad avere potenziali acquirenti globali. Superando gli stessi gioiellier­i. Infatti accade che il 15 novembre a Ginevra, Sotheby’s offra una collana di diamanti e smeraldi provenient­e dalla famiglia italiana Odescalchi.

Sappiamo che questo gioiello era parte, per tradizione, della corbeille de mariage (cesto regalo dello sposo per la spo- sa). Il 2 febbraio 1913, il principe Innocenzo Odescalchi ne fece dono alla consorte Vittoria Balbi Senarega che, in una foto datata 1938, vediamo che ne fa sfoggio con corona e altri gioielli da urlo. Non a caso siamo negli anni Trenta e, seppure il collier in questione appartenga per foggia e stile alla Belle Epoque, in quegli anni è indossato con la stessa fatalità nella quale si muovono donne, nobildonne e femmine di avventurie­ri e amanti che emergono da Il grande Gatsby, da Tenera è la notte, da Fuoco fatuo di Drieu.

Siccome sono un gemmologo curiosissi­mo benché sprovvisto di diploma, più che indugiare sulla genealogia superstar degli Odescalchi (papi, proprietar­i dell’omonimo palazzo romano nonché dei castelli di Santa Marinella e Bracciano; custodi di dipinti del Caravaggio e di Van Dyck…) mi sono attardato a mettere a fuoco il collier stimato tra i 580 mila e i 780 mila franchi svizzeri che, secondo « F i nanze e Mercati » , r i s ul te re bbero oscillare tra i 500 mila e i 600 mila euro. Non trovando al telefono il mio orafo che fu artigiano personale della collezione di gemelli appartenen­te allo stilista Roberto Capucci, ho pensato bene di disturbare l’amico Carlo Eleuteri, forse il gioiellier­e vintage più importante al mondo, con boutique a Roma in via dei Condotti, New York, Milano, Venezia e Cortina. Pur sapendo che il principe Innocenzo Odescalchi comprò le pietre attraverso la mediazione di un maharaja indiano, non ero in possesso di ulteriori informazio­ni, né ovviamente avevo potuto visionare dal vivo l’oggetto pregiato presso Ginevra, per formulare una stima approssima­tiva. Né, soprattutt­o, ero in grado di capire da dove provenisse­ro gli smeraldi e infine dove la collana fosse stata creata — pur intuendo che si trattasse di orafo italiano. Fortuna che Eleuteri aveva il catalogo di Sotheby’s sotto il naso. Intanto il regalo di nozze consta di 15 smeraldi e 15 diamanti. «Di peso importante. Gli smeraldi — tiene a precisare Carlo — sono certamente colombiani». Poi: gli stessi smeraldi, occhio e croce, toccano dai 150 ai 200 carati. «Il taglio è cabochon ». Infatti dalle foto noto che non hanno sfaccettat­ure. I diamanti sono taglio brillante «antico» e oscillano tra i 60 e i 70 carati.

Chiamo all’attenzione Eleuteri per avere la risposta che tutti vorrebbero sentire della domanda che tutti vorrebbero fare: «La collana della principess­a Vittoria Balbi Odescalchi, quale quotazione dovrebbe raggiunger­e in asta?». La risposta del gioiellier­e che ha venduto all’Aga Khan e a molto jet set internazio­nale (sui clienti però ha la bocca cucita), non tentenna: «Un milione di dollari». Il resto lo sappiamo entrambi. Se uno entrasse da Bulgari o Cartier per avere un regalo di nozze pari a quello donato nel lontano 1913 da Innocenzo a Vittoria, deve sborsare il doppio. Anzi, è meglio che si prepari a respirare a due milioni e mezzo di dollari.

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