Servicedent: via i commissari e nuovi fondi
Svolta per l’azienda di Monza: sintonia tra lavoratori e proprietà
Via i commissari, i 600 lavoratori della Servicedent possono tornare a sperare nel futuro. Ora l’azienda monzese, specializzata in servizi di odontoiatria, potrebbe lasciarsi alle spalle il lungo calvario iniziato con l’arresto della ex proprietaria Paola Canegrati, la «lady Sorriso» finita al centro di un’inchiesta giudiziaria per corruzione nella sanità pubblica.
La svolta è arrivata venerdì, quando i prefetti di Milano e Monza hanno firmato gli atti di revoca dei due commissari nominati all’indomani della tempesta giudiziaria, dal momento che l’azienda stava lavorando anche su commesse pubbliche ancora sotto esame da parte degli investigatori. Da settimane i dipendenti invocavano — anche con manifestazioni in piazza — la rimozione dei commissari prefettizi quale a presupposto decisivo per la presentazione del concordato preventivo e, quindi, per la nuova iniezione di finanziamenti da parte della nuova proprietà, il fondo d’investimento francese Argo Soditic. E proprio questa è una delle argomentazioni che gli stessi prefetti hanno ricordato nel provvedimento di revoca: la disponibilità del fondo francese di stanziare altri 3 o 4 milioni di euro in Servicedent, ai quali si aggiungono un paio di milioni destinati al recupero di altre società del gruppo Implanta. «Dall’inizio ne sono stati investiti già 30 — ricorda il direttore finanziario Michele Suria — perché il fondo crede molto nelle prospettive di questo modello di business». Anche Suria, venerdì, era presente al presidio davanti alla prefettura di Monza, mescolato ai lavoratori che chiedevano la rimozione dei commissari. E ora sottolinea: «Se tra mille difficoltà siamo arrivati sin qui è grazie alla splendida sintonia e collaborazione che si è creata tra lavoratori, management e proprietà, uniti dall’obiettivo di salvare l’azienda. Ora tocca a noi».
In effetti i circa 600 dipendenti di Servicedent hanno dovuto fare i conti con mesi particolarmente difficili. Stipendi in ritardo, pesanti incertezze sul futuro e un regime commissariale che lo stesso tribunale di Monza ha definito a un certo punto «superfluo», sottolineandone anche «l’ingente mole di esborsi». Per i propri emolumenti, infatti, i due commissari avrebbero addebitato alla società compensi «per un ammontare complessivo superiore a 664 mila euro», oltre a 440 mila euro di consulenze. Anche per questo, in gennaio, tra i dipendenti (che non avevano ricevuto stipendio e tredicesima) scoppiò una sorta di rivolta morale contro una commissaria che aveva pubblicato su Facebook la notizia dell’acquisto di una Porsche.