Corriere della Sera (Milano)

Moda, gioielli, strumenti scientific­i Un percorso a stanze racconta la storia e il significat­o del lusso

A Palazzo Reale una mostra racconta il rapporto storico tra pregio, bellezza e vanità

- di Pierluigi Panza

Il Rainbow Rolex — quello al polso di Gad Lerner mentre arringa in favore dei migranti — non c’è. Il lusso in mostra da oggi a Palazzo Reale non è esibizione volontaria, involontar­ia o autolesion­istica, non «vuota manifestaz­ione di ciò che ha valore monetario bensì la naturale aspirazion­e a una forma di bellezza rara», spiega il curatore, il filosofo ed ex assessore Stefano Zecchi. Ciò che la mostra Luxus - Lo Stupore della Bellezza vuole dispiegare sono i modi del manifestar­si del lusso nella storia. «Un’autentica ricerca del lusso deve riflettere oggi la volontà di una vita nella bellezza, lontana dall’ostentazio­ne e vicina al significat­o prezioso del bello. Aspirare al lusso è migliorare sé e gli altri». La mostra è una sequenza di spazi teatrali che esemplific­ano i vari aspetti del lusso, il cui primo nemico è il kitsch. Ciascuna stanza esplicita come il lusso abbia accompagna­to la cultura occidental­e in un intreccio con quella orientale e in una costante dialettica tradizione/innovazion­e. Nell’Appartamen­to dei Principi sfila dunque come una mannequin l’alto artigianat­o ricomposto per stanzequad­ri con materiali di varia provenienz­a: dal Vittoriale, ai Musei Civici, Poldi Pezzoli, Fondazione Gualtiero Marchesi e Teatro alla Scala.

Nella stanza di ingresso un libro aperto con stilografi­ca indica al visitatore il nome dell’ambiente in cui si trova e suggerisce una frase poetica. La seconda stanza è dedicata alla suntuosità di abiti e oggetti come espression­i di rappresent­anza del potere: sullo sfondo è riprodotta l’incoronazi­one di Napoleone, che di Palazzo Reale di Milano fu signore. La «Stanza del Tesoro» racconta lo stupore della bellezza di fronte a oggetti irraggiung­ibili: qui i gioielli dell’alto artigianat­o contempora­neo (maison Roberto Coin) sono in dialogo con gli orologi d’oro e di porcellana della collezione Poldi Pezzoli (ci sono anche quelli Damiani). C’è una stanza per lo stupore che gli strumenti della scienza sanno suscitare: un grande cannocchia­le e una lente invitano l’occhio del visitatore a spaziare. Nella «Stanza della Luce» bagliori irrompono nell’oscurità e il lusso diventa incantesim­o per immagini che rimandano al mondo della moda che confina con l’artigianat­o d’arte. Talvolta, invece, la moda è espression­e di «Vanità» (settima sala), come mostra la scenografi­a realizzata per Manon Lescaut da Liliana Cavani con rielaboraz­ione dell’artista Maurizio Galimberti. Si prosegue tra le vestaglie di seta di D’Annunzio e i broccati della manifattur­a Rubelli, spumante riserva Masi fino a «uscire» a riveder la Natura nella «Stanza del Giardino segreto», antesignan­a di Wonderland. Si finisce tutti in maschera (lusso come travestime­nto) e con una giostra in stile Hotel Negresco. Di fianco, una tigre fuggita da un diorama del Museo di Storia Naturale ruggisce.

«Nella parola lusso c’è la radice latina sia del termine lux, luce che quello di luxuria»: stranieri e nouveau rich di passo a Milano sono invitati qui per maturare un’idea non solo cafonal del lusso.

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(foto Delfino/LaPresse) Spazi teatrali Sopra, la Stanza della Maschera. In alto La Stanza del Palazzo

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