COSÌ FINISCE L’EPOCA DEI GRANDI
Dario Fo, Umberto Eco, Ermanno Olmi, Gillo Dorfles, ora Inge Feltrinelli: a metterli in fila così, i nomi della cultura umanistica morti a Milano negli ultimi due anni fanno impressione. Stiamo perdendo una generazione, e quale: di chi ha fatto della città uno dei centri mondiali dell’ elaborazione del pensiero. Un fenomeno tanto importante da suggerire un vuoto irrimediabile; reazione istintiva con cui ieri combatteva sul Corriere lo scrittore americano Richard Ford: «Oggi possiamo dire che non ci sarà mai più un altro editore come Inge, una scrittrice-editrice, fotograf aedi tric e,Hemingwaye Picasso. Ma Inge, se fosse qui oggi, ci direbbe che ce ne sarà un’altra, di Inge». Verissimo; e tutti i personaggi che ci stanno lasciando avrebbero detto più o meno lo stesso. Tuttavia l’impressione di vuoto resta, anche pensando all’energia che tutti loro mettevano nelle loro imprese: quella che li ha fatti andare avanti fino all’ultimo, a volte nonostante malattie gravi che non citavano mai. Una tempra probabilmente dovuta anche all’anagrafe, che li ha messi a confronto con vicende capitali come guerra, ricostruzione o lo scossone del ‘68; una storia a volte tragica, che ha contribuito a formarli così; mentre attorno, appunto, circolavano i Picasso, i García Márquez, i Chaplin con cui confrontarsi. Tempi irripetibili, ovviamente; e con loro quell’energia. Resta l’ispirazione, come diceva Foscolo: «A egregie cose il forte animo accendon l’urne de’ forti». A chi rimane il compito di accendersi.