Statuto, la riforma non passa Il M5S «perde» due voti
Consiglieri assenti. Sturni: non scenderà la presenza femminile
Si ferma a 28 sì e otto no il primo passaggio in assemblea capitolina della delibera per la riforma dello statuto di Roma Capitale: per l’approvazione è necessaria la maggioranza dei due terzi, ma nei due turni successivi (da fissare entro 30 giorni dall’avvio della discussione) basta la maggioranza qualificata. Al momento di votare, dopo la seduta fiume interrotta per affrontare la questione Multiservizi tra le urla dei lavoratori in mobilità, interviene Virginia Raggi: per sostenere la sua maggioranza ed enfatizzare il valore simbolico del provvedimento. Se non fosse che due consigliere Cinque Stelle non partecipano al voto.
Le opposizioni polemizzano sull’assenza di Gemma Guerrini, presidente della commissione delle elette che il nuovo statuto vuole aprire agli uomini (ora è composta soltanto da donne). Più tardi la convitata di pietra spiegherà di essere impegnata per motivi istituzionali legati proprio all’attività della commissione: faccenda nota al gruppo M5S, nel quale «la maggioranza era comunque garantita». Ma all’appello manca anche Alisia Mariani, espressione dell’ala più critica sullo stadio della Roma. Nonostante l’obiettivo non sia ancora stato raggiunto, la sindaca parla di «carta fondamentale, una piccola costituzione della nostra città, che introduce importanti strumenti di democrazia partecipativa». E prima di allontanarsi, si congratula con Angelo Sturni, primo firmatario della riforma. Tra le novità previste dallo statuto targato Cinque stelle, il bilancio partecipato, ovvero la possibilità di raccogliere le proposte dei cittadini su come investire le risorse. Si ispirano invece al Parlamento europeo le petizioni popolari elettroniche con la possibilità (mutuata dalla Camera dei Comuni britannica) che un cittadino, dopo aver raccolto un certo numero di adesioni, possa illustrare la sua proposta in assemblea. Ma il tema più dibattuto è l’abolizione del quorum per i referendum (consultivo, abrogativo e propositivo) su quesiti che devono riguardare soltanto le delibere consiliari: la maggioranza non si calcolerà più sugli aventi diritto, ma su chi va a votare. L’amministrazione, a sua volta, potrà formulare una proposta da contrapporre a quelle di iniziativa popolare. Sul tema delle quote, il passaggio dall’attuale composizione paritaria alla forbice 4060 fissata dalla legge Delrio, Sturni chiarisce: «Non vogliamo affatto ridurre la presenza femminile, le donne potrebbero anche essere la maggioranza: per noi le pari opportunità non sono una questione di poltrone, ma si tutelano con principi legislativi e politiche di sostegno». Parole in sintonia con quelle della sindaca: «La soglia 40-60 si allinea al buon andamento dell’attività amministrativa, che non si decide in base al genere ma al merito e alla bravura». Critiche le consigliere dem. «Ovunque venga applicata la norma Delrio — protesta Giulia Tempesta — le donne sono sempre sotto di una».