Alberi senza cura, idea del Comune: ecco il microchip per evitare i crolli
Nel VII Municipio progetto pilota al via: controllati da remoto, alert in caso di pericolo
Un conto è censirli, e già questo è stata una faticaccia per il Servizio giardini del Campidoglio e per il Dipartimento Ambiente che ha implementato i dati. Un altro è controllare che gli 86mila grandi alberi della Capitale più verde d’Europa continuino a produrre ossigeno e a sagomare le grandi vie di scorrimento della città in condizioni di sicurezza, senza cioè che qualche grosso ramo - se non addirittura l’intero fusto - si schianti sulla testa del malcapitato di turno. Così, per abbattere il rischio che fa tremare i romani nei giorni di tempesta, si è pensato ad un chip sotto la corteccia.
Pini, ontani, lecci, platani, cipressi, robinie e ippocastani: entro qualche mese molte piante potrebbero essere monitorate da remoto, con un alert pronto a lampeggiare sul desk della centrale operativa in caso di pericolo.
Se il presente racconta di alberi caduti, auto distrutte e tragedie sfiorate, il futuro dice questo: laddove un tempo provvedeva l’esercito di giardinieri più efficace del mondo - ormai purtroppo ridotto ad un manipolo di eroi del verde - lavorerà la tecnologia green della M3S spa, un’azienda con i piedi a Milano ma la testa a Roma che abitualmente si occupa di monitoraggio antisismico sugli edifici e che ha proposto una soluzione radicale.
Il piano per la georeferenziazione delle alberature della Capitale è, infatti, quasi a punto, pronto per essere esportato anche ai comuni che fanno da corollario alla Capitale.
A Roma - osservata speciale anche dalle amministrazioni di Firenze e Milano - sarà varato in via sperimentale su cento alberi nel municipio VII: il chip piazzato sui fusti rilascerà informazioni preziose in tempo reale consentendo di leggere se la pianta cresce dritta o se l’equilibrio è precario, se ci sono dei parassiti o se sono intervenuti eventi eccezionali. In generale, comunque, se le condizioni di stabilità sono garantite.
La ramificazione dei dati sarà visibile sul pc di un addetto informatico - con pollice verde, of course - che, così, potrà avere un quadro esatto della situazione e fare un piano per la messa in sicurezza dell’area che lampeggia sul monitor.
Del resto il caso alberi meritava una svolta dopo i problemi che hanno messo a dura prova la resilienza dei cittadini romani.
Tra la neve dell’inverno e
questo incerto incipit di primavera, sono decine gli alberi, o i grossi rami, rovinati al suolo. In alcuni casi - come quello di una settimana fa sulla via del Mare, cento metri dopo il tunnel di Acilia: una donna ferita - il morto non ci è scappato per questione di centimetri.
E il Campidoglio - non senza la grancassa delle polemiche per gli appalti di manutenzione inceppati - è corso ai ripari per tamponare l’ennesima emergenza cittadina: dopo il censimento sono stati abbattuti 450 alberi battezzati «a rischio» e, infatti, molte carcasse sono ancora visibili nei parchi romani. A villa Ada, per esempio, sale un senso di angoscia per l’ecatombe vegetale che fa da sfondo ai fruitori di una delle ville storiche della città: enormi pini sdraiati, alberi spezzati a metà talvolta delimitati dal nastro giallo di Roma Capitale a mo di scena del crimine, e piante contrassegnate da una «X» rossa ad indicarne il prossimo abbattimento.
Di contro il processo di piantumazione non procede di pari passo, anche se le promesse dell’assessora all’Ambiente Pinuccia Montanari avevano precise coordinate: 600 nuovi alberi stradali e 12mila nuove piante per la riforestazione urbana. Di queste ultime, dice il Comune, ne sono state piantate 3mila, eppure il rilevamento di Green City Roma sostiene che gli alberi nuovi siano 2259, cioè il 25% in meno.
Ma, almeno, adesso tanti avranno un chip sotto corteccia a tutela della salute: la loro e la nostra.