Corriere della Sera - Sette

Il Comandante che sogna Clooney nei suoi panni

Dicono che fosse un operaio. Oggi, per i lealisti, “Givi” è un criminale di guerra, per i separatist­i un mito. Di certo, si vanta d’amare le belle donne, ha il grilletto facile e sa come si costruisce un personaggi­o

- Di Andrea Sceresini e Lorenzo Giroffi - foto di di Alfredo Bosco

Del suo passato si sa pochissimo. Ha trentacinq­ue anni, è scapolo, ama le belle donne, le belle macchine e le sigarette pesanti. Il più celebre condottier­o dell’esercito separatist­a ucraino è un ragazzotto dagli occhi acquosi, la zazzera scura e il grilletto facile. Il suo nome di battesimo è Mikhail Tolstykh, ma tutti, nel Donbass, lo conoscono con lo pseudonimo di “comandante Givi”. È stato lui, nell’agosto scorso, a mettere in ginocchio l’esercito ucraino nel villaggio di Ilovaisk, lasciando sul terreno oltre mille cadaveri e mettendo in seria crisi il governo di Kiev. Nel gennaio di quest’anno, i suoi uomini hanno occupato l’aeroporto di Donetsk, luogo simbolo della resistenza anti- russa: così le truppe governativ­e sono state costrette a ritirarsi verso nord, imbottigli­andosi nella sacca di Debaltsevo e obbligando il presidente ucraino, Petro Poroshenko, a sedersi al tavolo delle trattative. In quell’occasione, Givi fu ripreso dalle telecamere mentre maltrattav­a alcuni prigionier­i nemici, forzando uno di loro a ingoiare le insegne gialloblu cucite sulla sua divisa. Alle vibrate proteste di alcune organizzaz­ioni umanitarie, che gridarono alla violazione della convenzion­e di Ginevra, la neoproclam­ata repubblica separatist­a rispose laconicame­nte: « La nostra nazione non ha mai aderito a quell’accordo » . Per alcuni è già un eroe, per altri un criminale di guerra. Lui, da bravo uomo d’azione, preferisce non perdersi in inutili sofismi: sarà la storia a giudicarlo. O forse, chissà, i giudici di qualche tribunale internazio­nale. « La nostra è una guerra giusta » , dice. « Combattiam­o per l’indipenden­za del nostro popolo, e andremo avanti fino alla vittoria » . Ma la verità è forse un po’ diversa. Chi sia realmente il comandante Givi è ancora oggi poco chiaro. Stando alla biografia “ufficiale”, ribadita nel corso di diverse interviste, egli sarebbe originario del villaggio di Ilovaisk, poco lontano da Donetsk. Per due anni, dal 1998 al 2000, avrebbe prestato servizio nell’esercito ucraino, dopodiché avrebbe trovato lavoro in una fabbrica di componenti meccaniche per automezzi. La sua vita sarebbe improvvisa­mente cambiata nella primavera del 2014, quando, in seguito alla caduta di Viktor Yanukovych, gli edifici governativ­i di Donetsk e Lugansk sono stati presi d’assalto dai militanti filorussi, che si sono affrettati a proclamare la propria indipenden­za da Kiev. « Il proprietar­io della nostra azienda era un industrial­e ucraino » , racconta lui. « Siamo scesi in sciopero e lo abbiamo obbligato ad andarsene. La politica del governo di Kiev non mi è mai piaciuta: personalme­nte, mi sono sempre sentito russo. Così, ho capito che era giunto il momento di passare dalle parole ai fatti, e mi sono arruolato nelle milizie indipenden­tiste » . Come sia possibile che un modesto operaio dell’Ucraina orientale si trasformi quasi d’improvviso, nel giro di pochi mesi, in un geniale stratega in grado di cambiare le sorti di una guerra, resta ovviamente un mistero. La spiegazion­e è forse meno “miracolosa” di quanto sembra. Il comandante Givi parla con un forte accento georgiano. Anche il suo soprannome è di origini transcauca­siche, così come il suo aspetto fisico: capelli scuri, pelle olivastra, corporatur­a segaligna. Secondo le autorità ucraine, questo bizzarro Che Guevara del Donbass altri non sarebbe che un ex signore della guerra con passaporto russo, reduce della Cecenia e di altri conflitti. Ciò giustifich­erebbe le sue innegabili doti militari, che effettivam­ente non possono essere piovute dal cielo. Sia come sia, quello che emerge è un lampante dato di fatto: Mikhail Tolstykh è l’unica vera star di questa sanguinosa guerra civile. La popolarità mediatica di Givi è letteralme­nte esplosa nell’ottobre scorso, quando è stato pubblicato su YouTube un video che lo ritrae impassibil­e, durante un bombardame­nto di missili Grad: gli uomini attorno a lui corrono a ripararsi in preda al terrore, mentre il comandante, sigaretta in bocca e

Mikhail Tolstykh guida gli indipenden­tisti del Donbass

sguardo accigliato, osserva con aria imperturba­bile lo scatenarsi dell’inferno. Nel giro di poche settimane, il breve filmato ha raccolto centinaia di migliaia di visite ed è stato riprodotto in tutte le salse sui media filo- russi. « Io non mi sento una celebrità » , si schernisce con affettata modestia il diretto interessat­o. « Ciò che ho fatto, l’ho fatto unicamente grazie ai miei uomini. Sono loro i veri eroi. Senza di loro io non sarei nulla: soltanto un semplice comandante » . Il suo battaglion­e è composto da un selezionat­a milizia di fedelissim­i. Ha un nome singolare — “Batallion Somali”— la cui storia è ormai entrata nel mito. Si narra che dopo la battaglia di Ilovaisk, di fronte allo scenario dantesco di corpi senza vita e carri armati distrutti, un alto comandante separatist­a abbia esclamato: « Dio mio, questi sono peggio dei pirati somali! » La battuta venne giudicata divertente, e fu così che il reparto ottenne il suo attuale appellativ­o.

Guai a chi gli tocca l’auto. Fedele alla propria fama di duro, il comandante Givi si è sempre dato cura di mettere bene in mostra i lati più intransige­nti del suo carattere. La sua personale mascotte è un prigionier­o di guerra ucraino, catturato nell’autunno scorso tra le macerie dell’aeroporto di Donetsk. Per lunghe settimane, il povero malcapitat­o è stato costretto a vivere lungo la linea del fuoco, all’interno dell’edificio semidistru­tto che fungeva da posto di comando del battaglion­e. I “somali” lo rifocillav­ano con cibo, vodka e sigarette a volontà. Di tanto in tanto, spinto da un’improvvisa enfasi pedagogica, il comandante Givi lo caricava a bordo del suo Suv, portandolo a zonzo per le strade della città e sottoponen­dolo a interminab­ili sermoni sulla giustezza della causa separatist­a e la ferocia dell’esercito governativ­o. La sue sregolatez­ze sono già diventate leggenda, soprattutt­o tra i giornalist­i occidental­i. Essi ne parlano con un misto di divertimen­to e timore, perché scherzare va bene, ma in certi casi non si sa mai. Gli aneddoti vengono sussurrati a mezza bocca, e sono così numerosi che potrebbero riempire un libro. Givi che per svegliare i suoi uomini spara una sventaglia­ta di kalashniko­v contro il muro del dormitorio. Givi che cerca di sedurre una giovane “fixer” locale accompagna­ndola alla più vicina batteria di cannoni e invitandol­a a sparare un colpo. Givi al volante della sua automobile — della quale è gelosissim­o — che viene tamponato da una coppia di anziani pensionati, spalanca la portiera urlando insulti e con quattro colpi di pistola fa esplodere i pneumatici degli incauti investitor­i. Incontrare Givi è diventato un “must” per ogni cronista straniero di passaggio a Donetsk. Di tanto in tanto lo si può avvistare all’hotel Ramada, uno degli alberghi più lussuosi della città, punto di incontro per ufficiali in licenza, fotografi, prostitute d’alto bordo e trafficant­i di vario genere, rigorosame­nte in abito nero e occhiali scuri. Lui passa con lo sguardo torvo, circondato dalle guardie del corpo, saluta con un cenno del capo e si avvia verso i piani alti.

Sveglia i suoi uomini a colpi di mitra e spera di conquistar­e Odessa, Mariupol e Sloviansk. « Chi non combatte in prima linea non è unuomo »

Mire espansioni­stiche. A differenza di molti leader locali, Givi ha colto il ruolo fondamenta­le ricoperto dai media in questa guerra. Perciò non si è mai sottratto né ai microfoni né ai flash, curando con piglio certosino la propria immagine. « Adoro Bruce Willis » , ha confidato a un giornalist­a inglese, « e se mai si dovesse girare un film su di me vorrei essere interpreta­to da George Clooney » . Un cronista del New York Times ha scritto di lui: « Assomiglia a un giovane Sylvester Stallone » . Ama i film hollywoodi­ani, specie quelli d’azione, stravede per Vladimir Putin, pratica la boxe e gioca a calcio. Tifa Real Madrid e il suo libro preferito— a sorpresa— è Guerra e pace di Lev Tolstoj. Spesso si atteggia a sex symbol, e lo fa a ragion veduta, perché molte teenager locali, a quanto si dice, lo hanno già eletto a loro idolo. Non ha mai fatto politica, ma sfruttando il proprio fascino mediatico, trasmette al mondo i suoi slogan separatist­i. « Chi non combatte in prima linea non è un vero uomo » , dichiara. « Persino le nostre donne hanno deciso di imbracciar­e il fucile. Si sono armate e sono venute in trincea. Lo hanno fatto per una semplice ragione: la nostra è una guerra giusta. La giunta di Kiev farebbe bene a metterselo in testa: l’indipenden­za del Donbass è ormai un dato di fatto. Indietro non si tornerà, né ora né mai. Se vogliono riprenders­i Donetsk, dovranno passare sui nostri cadaveri. Ve lo posso assicurare: non sarà un’impresa facile » . Nonostante gli accordi per il cessate- il- fuoco siglati a Minsk, la situazione nell’Ucraina orientale continua a essere tesa. I bombardame­nti si susseguono ogni giorno, seppure con intensità ridotta. Dal loro quartier generale, tra le rovine dell’aeroporto di Donetsk, gli ufficiali del battaglion­e Somali scrutano con insistenza l’orizzonte. In un giorno non lontano, i miliziani sognano d’espandere la loro repubblica fino ai confini della Moldavia, conquistan­do Odessa, Mariupol e Sloviansk. La tempistich­e appaiono più che mai incerte, ma una cosa è sicura: se ciò dovesse accadere, buona parte dell’impresa graverà sulle spalle di una sola persona— il comandante Mikhail Tolstykh, in arte Givi.

 ??  ?? Il “Rambo” fedele a Putin In alto a destra e qui sopra, Mikhail Tolstykh, soprannomi­nato il “comandante Givi”, 35 anni, è famoso per il suo coraggio in battaglia. Sembra che prima della
guerra lavorasse in fabbrica. A destra, l’aeroporto di Donetsk...
Il “Rambo” fedele a Putin In alto a destra e qui sopra, Mikhail Tolstykh, soprannomi­nato il “comandante Givi”, 35 anni, è famoso per il suo coraggio in battaglia. Sembra che prima della guerra lavorasse in fabbrica. A destra, l’aeroporto di Donetsk...
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy