Cambiamenti, occasioni, coincidenze La buona sorte si costruisce
La fortuna esiste, ma l’atteggiamento individuale può fare la differenza
Rassegnarsi a tutto è un errore. Accettare gli imprevisti con serenità è invece un modo intelligente di cavalcare il destino
ABBIAMO SCELTO DI DEDICARE LA COPERTINA alla fortuna: uno dei concetti più antichi, sfruttati e fraintesi. C’è chi l’assimila al destino, e scivola nel fatalismo. C’è chi pretende di condizionarla, e ricorre a superstizioni e scaramanzia. C’è chi non ci crede. Finché non si guarda intorno, e capisce che il caso esiste. Eccome se esiste. La questione è: come trattarlo? Nella storia di copertina (pagine 18-26), Annamaria Testa spiega che l’atteggiamento individuale è fondamentale. Le persone che si ritengono fortunate sono più disposte al cambiamento, più pronte a cogliere le opportunità, più attente alle coincidenze. Non siamo i registi del nostro destino; diciamo che ne siamo i co-autori. Se ci disinteressiamo al copione, poi non possiamo lamentarci dello spettacolo.
C’È UN POSTO al mondo dove questi temi hanno formato il carattere nazionale: gli Stati Uniti d’America. Possiamo discutere alcune recenti scelte elettorali; ma dobbiamo ammirare il gusto con cui gli Usa, da quando sono nati, affrontano il futuro. Psychology Today, in un saggio dal titolo Make your own luck (costruisci la tua fortuna), suggerisce «cinque regole per ottenere il massimo negli alti e bassi della vita» (in inglese twists and turns, svolte e curve). Messe in fila, formano il credo laico della nazione: 1) cercate la serendipity, imparate a trovare quello che non state cercando; 2) fatevi trovare pronti quando le occasioni arrivano; 3) non esagerate col senso di dovere, rilassatevi ogni tanto; 4) siate avventurosi; 5) accettate il fallimento, e fatene tesoro. Ovvietà? No. Buoni suggerimenti, invece. Spostiamoci dalla psicologia alla letteratura. Conoscete Stoner di John Edgar Williams? Se non l’avete letto, leggetelo (o ascoltatelo in audiolibro, interpretato da Sergio Rubini). È un romanzo del 1965, riscoperto di recente. È la storia di un insegnante che non si rassegna alle circostanze, molte delle quali fuori dal suo controllo. E, in questo modo, trasforma una vita normale in un capolavoro. Un manifesto della resilienza umana: un testo terapeutico.
NON SIAMO TUTTI STONER. A molti di noi è andata meglio; altri non possiedono uguale stoicismo. Ma dovremmo adottare il suo atteggiamento. Anche nel lavoro, un tema cui abbiamo dedicato spesso questo spazio di 7. La stabilità che non arriva, un momento difficile per l’azienda, un capo incapace, un collega sleale: prima o poi succede. Rassegnarsi a tutto è un errore; accettare gli imprevisti con serenità, cercando una soluzione, è invece un modo intelligente di cavalcare il destino. Per reggersi in sella, almeno. È eccessivo sostenere che ciascuno è l’artefice della propria fortuna. Diciamo che possiamo agevolare la buona sorte. Di questo dobbiamo convincere i nuovi italiani, i nostri figli e nipoti. Meritano davvero d’essere aiutati, in questi anni incerti. C’è però un modo sbagliato di farlo: compatirli e incoraggiarne i lamenti. Ascoltiamo le loro proteste, invece, troviamo insieme le soluzioni. La fortuna delle generazioni e delle nazioni non si subisce: si costruisce. Come quella delle persone. La dea è sbendata, e ci vede piuttosto bene.