Bella e necessaria: la storia d’Italia secondo Sergio Zavoli
QUELLI CHE ERANO BAMBINI negli anni Settanta e hanno vissuto la bizzarra esperienza di crescere televisivamente tra Ufo Robot, Napo Orso Capo, Starsky e Hutch e i notiziari con gli attentati delle Brigate Rosse e il rapimento Moro raccontato ogni sera dal Tg2 (esperienza fondativa per tutti noi che abbiamo capito subito come l’impressione che i grandi avessero il controllo della situazione era per l’appunto sbagliatissima: erano confusi come noi piccoli se non peggio) hanno dovuto aspettare il 1987 e La Notte della Repubblica per capire finalmente o almeno cercare di capire cosa fosse successo intorno a noi quando eravamo bambini.
LA CONFUSIONE NORMALE in qualunque infanzia venne infatti amplificata da cose incredibili come il preside della scuola elementare che interrompe le lezioni in una fredda mattina di marzo e dice di non allarmarsi ma i genitori di molti alunni sarebbero arrivati a minuti per prenderli e portarli a casa e chi rimaneva in classe fino alle 4 come al solito poteva leggere tranquillamente, non si sarebbe fatta lezione quel giorno (d’altronde se hai un bambino e senti alla radio che hanno rapito il presidente del Consiglio che è sparito nel nulla che fai? L’opzione di prelevarlo da scuola nel caso di ulteriori terribili notizie ci sta tutta).
LUNGA È LA STRADA
Insomma quelli della mia età che si cibarono dell’inchiesta di Sergio Zavoli scoprendo quel giornalista calmo e quasi paterno che cercava di far parlare i viscidissimi protagonisti di quel periodo trovando spesso qualche pepita d’oro oggi sono felici quando facendo zapping si imbattono su Rai Storia in Diario di un cronista. Io che odio ferocemente la bolsa retorica di quanto era bella la Rai di una volta (più guardo varie repliche su RaiTre o YouTube, più mi convinco che era pallosissima ai limiti dell’incredibile; altro che età dell’oro delle teche Rai) resto ammirato dalla serietà e dal dono della sintesi di Zavoli, dal Fausto Coppi durante una gara nel 1953, anno in cui divenne campione del mondo professionisti suo andare in giro a fare per l’appunto il cronista – una cosa che per molti motivi e quasi tutti molto banali ormai non fa più nessuno.
GIOVANNI XXIII, COPPI, gli operai Fiat arrivati dal Sud agricolo quasi ottocentesco, la storia dei braccianti agricoli raccontata attraverso i giardini di Avola. Una lezione di storia d’Italia e di giornalismo e di servizio pubblico e di serietà davanti alla quale si può solo restare ammirati e prendere il telefono per controllare quando andrà in onda la prossima puntata. La serie è cominciata ad agosto e ho cercato di non perderne nessuna o quasi, tanto mi sembra bella e necessaria.