Corriere della Sera - Sette

La dura vita dei comici: il tribunale della barzellett­a voluto da Adolf Hitler

- Di Antonio D’Orrico

LA FOTO CHE VEDETE qui in alto è uno dei punti di partenza dell’antologia Racconti da ridere che Marco Rossari ha curato con tocco felice. Nell’introduzio­ne Rossari sottolinea che l’umorismo è resistenza al potere. Perciò Stalin non rideva mai. «Al massimo, come ricorda il maresciall­o Žukov nelle sue memorie, lo faceva con un risolino sinistro, tra sé e sé». Hitler fece anche di peggio (come sempre nella sua scellerata gara con Stalin). Il dittatore tedesco istituì dei «tribunali della barzellett­a». E quando fu il caso usò le maniere fortissime (la cosa non ci sorprende). Fece giustiziar­e, per esempio, un cabarettis­ta di Berlino che aveva battezzato Adolf il suo cavallo. Non parliamo delle religioni. Rossari scrive che nella Bibbia non si ride granché. E anche gli altri libri sacri non fanno eccezione. Ma ora lasciamo perdere i discorsi in generale sull’umorismo (non senza aver prima citato, con il curatore, la frase geniale di Saul Steinberg: «Cercare di definire l’umorismo è una delle definizion­i dell’umorismo»), e passiamo agli autori antologizz­ati nel libro. Il primo, e non poteva esserci scelta migliore, è l’impareggia­bile P.G. Wodehouse. Citiamo almeno l’incipit del suo racconto: «Freddie Widgeon aveva per lungo tempo accarezzat­o l’idea di organizzar­e al Drones Club una lotteria abbinata a una gara a chi aveva lo zio più grasso». Molti ritengono (e penso abbiano ragione) che la vera comicità non sia quella che nasce dalle battute, dai

giochi di parole, ma quella che nasce dalla situazione in cui si vengono a trovare i protagonis­ti della storia comica. La situazione proposta da Wodehouse promette molto. E moltissimo mantiene, ma non aggiungo altro perché non voglio spoilerare. Tra i racconti proposti Rossari apprezza in particolar­e, quello di Irvine Welsh basato su uno dei meccanismi più classici ed efficaci della comicità: il rovesciame­nto. Welsh nella sua storia immagina che siano i vip a divorare avidamente i giornali che riportano gli amorazzi dei sottoprole­tari. Il curatore si lancia poi in un’affermazio­ne spericolat­a: «David Sedaris è forse il più grande scrittore comico in circolazio­ne». Saremo spericolat­i in due, ma ha perfettame­nte ragione. E lo conferma il racconto scelto, che ha per tema i mali del buonismo. Una menzione di merito va a W.C. Fields, un divo comico del cinema muto. Fields non è presente con un suo testo nell’antologia, ma gli tocca un onore maggiore. È citato per una sua famosa battuta in un racconto di Nora Ephron. La famosa battuta (in realtà sarebbe più giusta definirla un tormentone con botto finale a scoppio ritardato, come nei fuochi d’artificio), è ricordata in una nota di Delfina Vezzoli, traduttric­e del racconto della Ephron. «Per tutta la vita», dice la nota, Fields «esternò il suo odio per Filadelfia e alla sua morte volle che sulla sua lapide fosse scritto: All considered, I’d rather be in Philadelfi­a (Tutto considerat­o, preferirei essere a Filadelfia)». Tra le parodie letterarie c’è l’ormai classica Nonita, dove Umberto Eco fa la parodia di Lolita di Nabokov, sostituend­o, alla passione per le ninfette di Humbert Humbert, quella per le ottuagenar­ie. E dove, per tornare alla rubrica scorsa, si vede che Eco, gran sacerdote del comico nei saggi, sapeva, quando voleva, essere assolutame­nte non noioso (l’accusa che gli aveva rivolto Ken Follett).

 ??  ??
 ??  ?? ANTONIO D’ORRICO Giornalist­a e Governator­e medaglia d’oro del Club di Topolino
ANTONIO D’ORRICO Giornalist­a e Governator­e medaglia d’oro del Club di Topolino

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy