Il Mullah Omar e la biografia online per dire «no» all’Isis
Il mullah Omar è morto. L’affermazione arriva dai talebani oggi affiliati all’Isis. Diffondono questa voce per invitare i compagni ad unirsi al Califfo: «Non lo si sente e non lo si vede da tempo, dunque non riconosciamo più la sua autorità». Contestazione unita alle notizie sul rapimento di molti afghani sciiti da parte degli islamisti radicali. I seguaci del leader la pensano diversamente e nell’anniversario della sua nomina — il 4 aprile del 1996 — replicano con una biografia del capo cantandone gesta, opere e imprese. Il documento ricostruisce le tappe principali della sua carriera alla guida degli studentiguerrieri, compresa la perdita dell’occhio in uno scontro contro i soldati russi. I talebani ricordano poi la sua perizia nell’uso del lanciagranate RPG, l’arma che insieme al kalashnikov non manca mai nelle mani degli insorti. Insieme a queste note personali, la riaffermazione della sua guida alla testa del movimento. E’ lui l’emiro. La «bio» serve a celebrare ma anche a rintuzzare le speculazioni e le voci sulla scomparsa del misterioso personaggio, del quale circolano alcune foto — ma non è detto che sia proprio lui — e neppure un video chiaro. Quanto a dove si trovi girano indicazioni vaghe. Molte lo collocano in Pakistan, dall’area tribale alla città di Quetta, con il beneplacito dei servizi segreti locali.
Per gli osservatori il testo su Omar è un tentativo propagandistico per non lasciare spazio a chi vuole schierarsi con il Califfo, ritenendo superata la strategia del mullah, o a quanti vedono con favore una trattativa con il governo di Kabul.