SALARIO MINIMO I TANTI RISCHI CHE I SINDACATI NON VEDONO
Dopo Seattle, San Francisco e Chicago, anche Los Angeles delibera l’aumento del salario minimo a 15 dollari l’ora (entro il 2020). È la più grande città Usa a farlo, ma a New York il sindaco progressista Bill de Blasio già prepara una misura simile.I sindacati celebrano una vittoria insperata in un Paese nel quale la rappresentanza sindacale è ormai ridotta al lumicino, mentre i politici di queste metropoli tirano un sospiro di sollievo: ora possono dire di aver fatto qualcosa di concreto contro le diseguaglianze, il problema più intrattabile dell’America di oggi. Ma è davvero così? La fretta con la quale i municipi prendono decisioni che possono avere profonde conseguenze sulle economie delle città ricorda la faciloneria con la quale qualche decennio fa Parlamento e governi italiani si misero a spendere risorse che non avevano, trasferendo i relativi debiti sulle generazioni successive. A Los Angeles il costo della vita è alto e chi guadagna poco merita di essere tutelato, ma un aumento così imponente può provocare un terremoto. Il salario minimo federale oggi è di 7,25 dollari l’ora, in California siamo intorno a quota 9. «Molte attività» lamentano gli imprenditori, «semplicemente non hanno spazio per assorbire un’impennata del 67 per cento dei salari: licenzieranno metà dei dipendenti o si trasferiranno altrove».
Legiferare sui salari è sempre pericoloso. Se ne sta accorgendo la Germania che ha imposto la regola del salario minimo di 8,5 euro l’ora a tutti i camionisti, compresi quelli stranieri in transito nel Paese: una barriera illegale al libero movimento delle merci, gli ha replicato la Ue. In America il rischio è che lavoratori impoveriti dagli effetti della globalizzazione e dell’automazione, anziché incassare di più, si ritrovino disoccupati. Licenziati da aziende pronte a sostituirli con robot come quelli low cost che la Cina si prepara a mettere sul mercato: 10 mila dollari «chiavi in mano».