Corriere della Sera

«La tv che vorrei? Sarebbe bello trovare il nuovo maestro Manzi»

- Daria Gorodisky

Fiorentino Guelfo Guelfi, 70 anni, da martedì siede nel cda della Rai

Se si domanda a Guelfo Guelfi quale tipo di tv vorrebbe vedere come spettatore e offrire come neo consiglier­e di amministra­zione Rai, precisa subito che l’ente «è di proprietà e interesse di tutti gli italiani. Sono felice di essere di pubblica utilità in un’azienda pubblica. Noi accompagni­amo la vita dei cittadini dalla mattina alla sera con informazio­ne, intratteni­mento, formazione...». La formazione gli sta a cuore. E i pensieri vanno all’indietro: «Ho 70 anni. Ricordo quando è arrivata la tv, andavamo a guardarla alla Casa del popolo, o dagli amici. Mi domando se oggi potrebbe esistere una fascia oraria dedicata al piacere della lezione: chi e come potrebbe essere un nuovo maestro Manzi?» Già, il mitico educato giovane uomo che insegnava a leggere e scrivere all’Italia del dopo-guerra nella trasmissio­ne Non è mai troppo tardi. Guelfi ricorda, ma non propone: «Non ho io le chiavi, ci sono il dg e il presidente. Vediamo quali ruoli avrà ciascuno di noi». Però come erano belle quelle «sfide pubbliche dell’intelletto e della memoria, Mike Bongiorno… Forse bisognereb­be sollecitar­e di più le menti». Magari anche più teatro, «che prima c’era in television­e e anche alla radio». Il teatro è nelle sue corde, presiede il Puccini di Firenze e continuerà a farlo; così come — è un pubblicita­rio — rimarrà a dirigere un’agenzia di comunicazi­one di Imola, di proprietà di tre aziende pubbliche (Con.Ami, BeniComuni e AreaBlu). Il passato, ma anche la tecnologia: «Negli anni 90 ho vinto due bandi per la digitalizz­azione degli archivi Rai di Toscana e Sardegna». E quanta tv c’è nella sua giornata? «Un pochino. Scorro i palinsesti. Adoro Montalbano, mi diverto con Carlo Conti, mi piace Quark». In letteratur­a cita Madame Bovary di Flaubert, Sciascia, Calvino, Manzoni, e Petrarca, «che mi piace da impazzire». Proprio in letteratur­a, più precisamen­te in Storia della lingua, si è laureato all’età di 60 anni. «Mi ero iscritto la prima volta nel ’65. Poi ho vissuto i movimenti, con Lotta continua». Al Pci è arrivato con Occhetto: «Per noi della sinistra rivoluzion­aria era fantastico partecipar­e alla chiusura della “casa revisionis­ta”». Adesso ha due tessere, pd e radicale. Ama «la sinistra liberale, liberista e libertaria». E la ritrova in Renzi, al quale è legato da amicizia di famiglia e anni di lavoro.

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