Corriere della Sera

«Ora il Papa ha le mani libere Scriverà presto il suo documento»

Il generale dei Gesuiti Nicolás: lui non vuole teorie ma misericord­ia

- di Gian Guido Vecchi

CITTÀ DEL VATICANO Padre, rispetto a un anno fa — e dopo due Sinodi sulla famiglia — c’è una Chiesa diversa?

«C’è una Chiesa più aperta, non so se diversa o meno, però più aperta. Una Chiesa che almeno può sentire quello che dice Francesco. Credo che all’inizio non lo sentisse, perché era così differente...».

Adolfo Nicolás, padre generale della Compagnia di Gesù, ventinoves­imo successore di Sant’Ignazio di Loyola, ha fatto parte della commission­e nominata dal Papa per scrivere la relazione finale del Sinodo. Ha l’aria stanca, ma sorride. «Anche il Papa era contento, i risultati sono stati buoni. Ho insegnato teologia, in Giappone, e so che bisogna ripetere molto le cose, perché si senta. Francesco ne è consapevol­e. E ora credo che dal Sinodo esca una Chiesa con le orecchie più fini, e questo è buono, perché si può tradurre in misure concrete nelle parrocchie e sarà un aiuto per la comunità cristiana».

All’inizio del Sinodo lei diceva: Francesco potrebbe andare più rapido, ma non vuole procedere da solo e la Chiesa ha bisogno di tempo. E ora?

«Il fatto che la relazione finale sia stata approvata, che tutti i punti abbiano superato i due terzi, è importante. È un documento che lascia le mani libere a Francesco. Il Papa può fare ciò che considera buono, opportuno o necessario. Nella mente di tutti, in commission­e, c’era l’idea di preparare un documento che lasciasse le porte aperte: perché il Papa potesse entrare o uscire, fare come crede».

Il cardinale Schönborn diceva: la parola chiave del documento è « discernime­nto»...

«Credo sia l’effetto di questo Papa. Il discernime­nto è capitale,

Sant’Ignazio Sarebbe stato molto contento nel vedere che il discernime­nto è entrato nella Chiesa

nella mente di Sant’Ignazio, e Francesco è molto ignaziano. La parola “discernime­nto” è apparsa molto spesso, nella presentazi­one, nei gruppi e anche nel testo finale...».

Che cosa vuol dire «discernime­nto» nelle «situazioni irregolari» come i divorziati e risposati esclusi dai sacramenti?

«La raccomanda­zione del Papa è di non fare teorie, ad esempio non mettere i divorziati e risposati tutti insieme, perché i preti devono fare un discernime­nto caso per caso e vedere la situazione, le circostanz­e, quello che succede, e a seconda di tutto questo decidere una cosa o l’altra. Non ci sono teorie generali che si traducono in una disciplina ferrea richiesta a tutti. Il frutto del discernime­nto vuol dire che si studia ciascuno dei casi e si cerca di trovare uscite di misericord­ia».

Ora la parola passa a Francesco, no?

«Sì, ci sarà una esortazion­e apostolica del Papa. Non credo che uscirà tardi, dopo un anno, com’è accaduto in altri Sinodi e con altri Papi. Un anno è troppo, degli esperti in management mi hanno detto che se passano otto mesi senza dire niente la gente torna al punto di partenza, e allora bisogna rifare tutto il processo. Credo che Francesco sarà più rapido a prepararla». Che cosa pensa accadrà? «Penso che una cosa sempre debole, nella Chiesa, sia il “follow-up”. Il frutto del Sinodo non può essere un documento, anche se molto buono. Il frutto è pratico: cosa si fa, cosa succede nella situazione pastorale, nelle parrocchie, quando le persone vanno a chiedere. È là che si vede. Per me il follow-up ideale consistere­bbe in Sinodi particolar­i: ciascuno dei vescovi torna a casa e fa un Sinodo con la sua gente, sacerdoti e laici, in modo da discutere come si è fatto qui ed esaminare le possibilit­à».

Qual è stato, al Sinodo, il cambiament­o più importante?

«Francesco non vuole che ci sia un’applicazio­ne meccanica della legge, la difesa della lettera e non dello spirito. Questo non è il modo di fare della Chiesa. Lui stesso ci ha parlato dei cuori chiusi che si nascondono dietro l’insegnamen­to della Chiesa e si siedono sulla cattedra di Mosé per giudicare i feriti. Bisogna invece cercare, con compassion­e e misericord­ia, di trovare vie nuove per aiutare la gente. Un discernime­nto della situazione concreta che veda prima di tutto le persone, e poi i principi. Questo è il più forte incoraggia­mento per i preti, perché non siano funzionari: no, non sono funzionari, hanno un lavoro di discernime­nto da fare. Sant’Ignazio sarebbe stato molto contento nel vedere che il discernime­nto è entrato nella Chiesa. E anche Papa Francesco è molto contento».

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