Presepi, canti e megafoni Così il Natale è finito in trincea
Milano, la Cei: ridicolo cancellare la festa. Il preside: non è andata così
Proteste e controproteste a Rozzano, appelli e contrappelli, canti e controcanti, all’Istituto Garofani, dopo che il preside Marco Parma ha raccontato di aver respinto venerdì la richiesta di due mamme che avrebbero voluto insegnare ai bambini qualche canzone religiosa: nessuna rimozione del Crocefisso, ha precisato; nessuna cancellazione del concerto di Natale, che non era neppure previsto. Ma la grottesca rappresentazione è andata in scena lo stesso: da Matteo Salvini a Mariastella Gelmini a diversi altri tra pro e contro. Poi la visita ai locali e tutto ha preso un’altra piega.
chi lo attacca. I maestri e i professori abbassano le serrande per tenere lontani i giornalisti: «Tutta colpa loro». Un crescendo. Rozzano, anzi Rozzangeles, come Macondo: dopo cent’anni di solitudine e di abbandono, tre giorni di moltitudine, pure troppa.
Ieri il clou dell’affollamento (e della tragicommedia). «Una pagliacciata», l’ha definita senza mezzi termini Francesca Puglisi, responsabile Scuola del Pd. Tutti nelle vie dei fiori, tra Mandorle, Azalee, Viole, Camelie, Glicini per approdare in via dei Garofani: strade che sanno di cemento e di smog, in realtà, i cui nomi hanno solo il profumo della beffa. Insomma, tutti in via Garofani con un discorso da dire o con un oggetto da mostrare.
Matteo Salvini arriva per primo con il presepe in mano e con un generoso mazzetto di cd natalizi da distribuire agli infedeli (e agli stonati): megafono, comizio con folla plaudente e sbandierante, selfie, sorrisi, qualche carezza ai bambini. Manifestini che minacciano: «Nessuno tocchi il Natale». Si rivede il pizzetto di Ignazio La Russa con un drappello indignato di Fratelli d’Italia, ferventi sostenitori del bue, dell’asinello e di Babbo Natale.
E anche Mariastella Gelmini, «in rappresentanza dello stile e delle idee di Forza Italia», imbocca la tangenziale a sirene spiegate per raggiungere la cintura sud di Milano e intonare «Tu scendi dalle stelle o Re del cielo, e vieni in una grotta, al freddo e al gelo». L’ex ministra dell’Istruzione, circondata da una decina di copricapi rossi e bianchi babbonatalizi, pronuncia parole scolpite, inequivocabili sull’identità italiana, sul destino dell’Europa, sull’integrazione. Come ha dimostrato la tragedia di Parigi, ha aggiunto nel suo blog, «è nei quartieri che si previene il conflitto, è nei quartieri che si educa alla libertà vera».
Dunque, Rozzano diventa il simbolo della cristianità offesa da un preside imprudente (e forse trinariciuto fuori tempo massimo). Non a caso anche il segretario della Cei, monsignor Nunzio Galantino, è voluto intervenire, definendo «pretestuosa e tristemente ideologica la scelta di chi per rispettare altre tradizioni o confessioni religiose, pensa di cancellare il Natale o camuffarlo scadendo nel ridicolo».
Un tale simbolo è valso uno spiegamento di forze, tra polizia e carabinieri, mai visto: 5060 agenti a sorvegliare che la protesta e la controprotesta non degenerassero. E a parte qualche tafferuglio, non sono degenerate. I bambini, per lo meno, uscendo in quella baraonda nel pomeriggio, avranno goduto di un’atmosfera meno triste del solito panorama di casermoni grigi Aler.
Dopo aver ascoltato le frasi tonitruanti della politica politicante, qualcuno ha invitato Salvini a visitare le stanze dell’istituto di via Garofani: e così i grandi temi dell’Identità e della Civiltà, della Cristianità e della Libertà hanno ceduto il passo ai buchi nei muri tappati con lo scotch, ai pannelli di cartone utili per impedire ai topi di scorrazzare liberamente, al tetto pericolante, al giardino inagibile... Mai forse la strumentalizzazione della politica ha vissuto un bagno di realtà come quello di ieri a Rozzano. La Buona scuola italiana è al freddo e al gelo, come Gesù nella grotta.