Tra reticenze e scaricabarile l’affanno delle istituzioni
Possibile che davvero non si sappia a chi imputare la scelta?
Avviare un’indagine interna, affidata al segretario generale di Palazzo Chigi, Paolo Aquilanti, significa ammettere che a tre giorni dal fatto non si sa chi ha preso la decisione. E che non è chiaro di chi siano le responsabilità della scelta di oscurare i nudi della nostra storia dell’arte, per non imbarazzare, o contrariare, il presidente iraniano in vista a Roma. Possibile? A giudicare dal coro unanime di giudizi che si raccolgono fra i funzionari della presidenza del Consiglio, ovviamente in forma anonima, no, non è possibile. In quella che appare trasformarsi, con il passare delle ore, in una grottesca corsa allo scaricabarile, manca un elemento, al di là del merito, di razionalità.
Dicono all’ufficio diplomatico, diretto da Armando Varricchio, che in queste ore si trova a Tokyo per una riunione degli sherpa del G7: «Noi non c’entriamo nulla». Dice l’ufficio stampa: «Anche noi non c’entriamo nulla». Dice anche l’ufficio del cerimoniale, almeno quello velatamente incriminato: «Non fateci parlare». Dice ancora il ministro dei Beni Cultuali, Dario Franceschini: ceschiulla « Io non sapevo nulla e nemmeno Renzi». Aggiungono iungocarità, alla Farnesina: «Per carità, noi con le guide rosse e lestaa
statue non c’entriamo nulla».
Eppure, a rigore di logica, visto che Renzi ha rivoluzionato uzionae il modo di lavorare della presidenza del Consiglio,o, visto che non si muove moscaa senza il consenso degli uffici alladiemier,
diretta dipendenza del premier, è realmente possibilele che qualcuno abbia preso unana de-decisione di questo rilievo,, abbia ordinato dei pannelli di legno, li abbia fatti trasportareare nei corridoi dei Musei Capitolini, itolini, li abbia installati, senzaa che a tre giorni dall’evento si conoscano con certezza dinamica e responsabilità della decisione?
Si tira fuori, in modo anche piuttosto critico, ovvero puntando l’indice contro Palazzo Chig Chigi, il Soprintendente dei Muse Musei Capitolini, Claudio Parisi si Pre Presicce. Che però ha ricevuto to da dal commissario di Roma, Fran Francesco Paolo Tronca, la richiesta chies urgente e perentoria di una rrelazione scritta su quanto accad accaduto. Possibile che chi ha la susupervisione sui musei non sape sapesse nulla, almeno di ciò che aaccade in casa propria?
Un governo che apre un’indagine dagi interna su decisioni che ha preso, un Soprintendente dent che non sa nulla, un com commissario prefettizio che ha fufunzioni di sindaco della Capi Capitale che ha bisogno di chied chiedere cosa accade nel palazzo lazzo adiacente al suo, con una relaz relazione scritta. Possibile, anche che i in questo caso, che non lo sapp sappia già?
Ne Nel gioco delle reticenze, e nella dinamica di un’indagine inter interna, sembra comunque riflettersi flette l’affanno istituzionale per uuna vicenda sottovalutata e sfusfuggita di mano. Così come emerge, in modo vistoso, un meccanismo decisionale che ha certamente bisogno di correzioni, dentro il palazzo del governo. Almeno se c’è bisogno di affidare un’indagine formale al segretario generale per risalire alla responsabilità di coprire con dei pannelli delle statue.
E’ possibile che alla fine a pagare sia Ilva Sapora, la direttrice dell’ufficio del Cerimoniale di Palazzo Chigi. Mentre alla Farnesina fanno notare
La realtà Non si muove mosca senza il consenso degli uffici alla diretta dipendenza del premier
che un loro diplomatico, Cristiano Gallo, fino a due anni fa supervisionava gli aspetti internazionali dell’ufficio della Sapora, «ma poi è stato fatto fuori, quindi non rivolgetevi a noi». L’idea che un apparato istituzionale complesso possa lavorare in modo trasparente e armonico ne esce ammaccata.