Corriere della Sera

IL MISTERO LITVINENKO TANTI DUBBI E QUESITI

- Annibale Antonelli annibalean­tonelli@virgilio.it

Non riesco a comprender­e come un giudice che presiede una commission­e di inchiesta possa concludere il suo rapporto affermando che il personaggi­o, morto, potrebbe essere stato ucciso, «probabilme­nte», dietro mandato di un Paese straniero. Ritengo che non sia accettabil­e, né tantomeno possibile, concludere un’inchiesta importanti­ssima con delle ipotesi senza avere delle fondamenta concrete e plausibili. Penso che questa conclusion­e sia una offesa alla Giustizia e al Paese incriminat­o. Gradirei la sua opinione.

Caro Antonelli,

Se a un giudice britannico, sia pure a riposo, è permesso dichiarare che il responsabi­le dell’assassinio di Aleksander Litvinenko è «probabilme­nte» il presidente della Federazion­e russa, altre ricostruzi­oni della vicenda sono altrettant­o lecite.

I principali protagonis­ti sono quattro. I primi due sono Aleksander Litvinenko e Boris Berezhovsk­ij. Il primo fu tenente colonnello del Servizio Federale della Sicurezza (Sfs, l’erede del Kgb) sino al 2000, quando decise di trasferirs­i a Londra dove divenne un apprezzato collaborat­ore dei Servizi britannici e di un oligarca russo, Berezhovsk­ij, che era diventato il maggiore nemico politico di Vladimir Putin e aveva portato in Gran Bretagna una larga parte della sua colossale fortuna. Non sappiamo quali servizi Litvinenko abbia reso all’Intelligen­ce del Regno Unito, ma sappiamo che nel 2006, poche settimane prima della sua morte, aveva ottenuto, insieme alla famiglia, la cittadinan­za britannica: un onore che era stato rifiutato persino a Mohamed Al Fayed, uomo d’affari egiziano, padre dell’amante della principess­a Diana e sino al 2010 proprietar­io dei grandi magazzini Harrods di Londra.

Gli altri protagonis­ti sono Nikolaj Patushev e Vladimir Putin. Il primo è stato direttore del Sfs dal 1999 al 2008 ed è oggi segretario del Consiglio nazionale della Sicurezza. Il secondo non ha bisogno di particolar­i presentazi­oni. È stato predecesso­re di Patushev alla testa del Sfs, Primo ministro nell’ultima fase della presidenza di Boris Eltsin, presidente della Repubblica, nuovamente Primo ministro e nuovamente capo dello Stato. Come il giudice Robert Owen, presidente della commission­e d’inchiesta, non sappiamo quale parte Patushev e Putin abbiano avuto in questa vicenda, ma è naturale pensare che ciascuno dei due consideras­se Litvinenko un traditore e avesse un duplice obiettivo: infliggerg­li una punizione e mandare contempora­neamente un messaggio ai «colleghi» britannici. Che questi fossero coinvolti è dimostrato indirettam­ente dal fatto che 30 pagine del rapporto Owen sono segrete e che alcune udienze della commission­e si sono svolte a porte chiuse. In altre parole saremmo spettatori di un conflitto tra servizi, ovvero di una vicenda in cui entrambe le parti hanno qualcosa da nascondere e un equo giudizio è impossibil­e.

Resta un ultimo quesito. Perché questa indagine è iniziata il 31 luglio 2014, quasi otto anni dopo la morte di Litvinenko, ma pochi mesi dopo l’annessione russa della Crimea nel marzo 2014?

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