Il sì al referendum vince, non sfonda Al voto solo il 46%
Per la metà degli intervistati si tratta di un test sul premier più che sulla riforma
Si voterà a ottobre. Ma la campagna elettorale per il referendum sulle riforme costituzionali è già iniziata. La maggioranza degli italiani si dice molto (23%) o abbastanza (37%) interessata alla consultazione, il 40% non si esprime. Al momento, meno di uno su due (46%) dichiara l’intenzione di recarsi alle urne.
Le percentuali Il 46% dice che andrà alle urne: il 21% è per il sì, il 16% per il no, il 9% è indeciso
Appare sorprendente che in un periodo caratterizzato da grande mobilità politica, da volatilità delle opinioni e da comportamenti elettorali decisi last minute sia di fatto già iniziata la campagna referendaria sulle riforme costituzionali promosse dal governo Renzi. La consultazione infatti si terrà nel prossimo autunno e l’aver dato avvio alla campagna a distanza di mesi evoca quella che nel gergo ciclistico viene definita una «volata lunga», che spesso risulta non priva di sorprese.
La maggioranza degli italiani si dice molto (23%) o abbastanza (37%) interessata al referendum, ma permane una quota rilevante (40%) di elettori che non mostrano interesse o non si esprimono in proposito. È un disinteresse che fa riflettere, dato che le modifiche della Costituzione riguardano tutti i cittadini, e sembra dipendere da due aspetti: l’atteggiamento di distacco e di disillusione nei confronti della politica e la limitata conoscenza dei contenuti della riforma e delle sue implicazioni. Non a caso l’interesse è più contenuto tra le persone meno istruite e i ceti più popolari.
Quanto alla partecipazione al voto, a oggi meno di un italiano su due (46%) mostra l’intenzione di recarsi alle urne e tra coloro che dichiarano di voler votare il 21% si esprimerebbe per l’approvazione della riforma, il 16% contro e il 9%, pur volendo partecipare alla consultazione, al momento risulta indeciso.
Escludendo astensionisti e indecisi, i «sì» prevalgono sui «no», 57% a 43%. Confrontando i dati con quelli dei precedenti sondaggi si registra una riduzione del vantaggio del «sì» che da gennaio scende da 32 punti a 14 punti.
I favorevoli alla riforma prevalgono nettamente tra gli elettori dei partiti che sostengono il governo: 88% tra quelli del Pd e 82% tra quelli delle liste di centro. Tra gli elettori dei partiti d’opposizione, pur prevalendo i contrari alla riforma, si riscontra una quota non trascurabile di favorevoli (M5S e Lega 29%), in particolare tra quelli di Forza Italia (39%).
Inoltre si mostrano più favorevoli i maschi rispetto alle femmine, le persone meno giovani, i laureati, i pensionati, i ceti dirigenti e autonomi e, in misura minore, quelli impiegatizi, i residenti nelle regioni centro-meridionali.
Tenuto conto dell’importanza che avrà la comunicazione sull’esito del referendum è interessante osservare che coloro che si informano prevalentemente con la televisione e la radio ad oggi si dichiarano nettamente più favorevoli alla riforma mentre tra coloro che privilegiano internet prevale nettamente la contrarietà alle modifiche costituzionali e tra i lettori prevalenti di quotidiani i «sì» e i «no» si equivalgono.
A dispetto della crescita dei contrari negli orientamenti odierni, un italiano su due (51%) prevede che la riforma sarà approvata. È un pronostico che prevale tra tutti gli elettorati, sia pure con percentuali diverse: dal 45% degli elettori di FI al 68% di quelli del Pd. Al contrario uno su quattro (25%) prefigura l’affermazione del «no» e il 24% non si sbilancia, ritenendo il risultato incerto.
Ma la vera incognita del referendum riguarda non solo l’affluenza alle urne ma le vere motivazioni di voto. Si profila infatti una forte politicizzazione dello scontro il cui prodromo è rappresentato da una dichiarazione di Renzi di un paio di settimane fa, con la quale manifestava la decisione di lasciare la politica nel caso di sconfitta al referendum costituzionale.
Se da un lato il premier intendeva mantener fede all’impegno di riformare il Paese mettendo in gioco il suo futuro personale dall’altro questa dichiarazione spostava l’attenzione dal merito della riforma a una sorta di referendum pro o contro Renzi.
Interpellati a questo proposito, il 51% degli intervistati ritiene che gli italiani voteranno pensando soprattutto di approvare o bocciare Renzi e il suo governo, dando poca importanza ai contenuti della riforma mentre il 37% è di parere opposto e pensa che prevarrà un voto incentrato sui temi costituzionali. Quest’ultima è opinione maggioritaria solo tra gli elettori del Pd (58%) mentre tra quelli dei partiti dell’opposizione prevale la motivazione politica, in particolare tra i leghisti (71%).
Siamo solo all’inizio di una lunghissima campagna referendaria durante la quale ci sarà un’importante tornata amministrativa che riguarderà oltre 1.300 comuni e circa 13 milioni di elettori e potrà distogliere l’attenzione di molti cittadini dal referendum nonché influenzare gli orientamenti di voto successivi, rafforzando o indebolendo l’immagine del governo.
È probabile che il guanto di sfida lanciato da Renzi possa favorire la mobilitazione ma in un sistema tripolare i rischi di compattare gli elettori delle due opposizioni sono elevati.
Tuttavia, tenuto conto che l’attenzione dei cittadini è concentrata sulla trasformazione del senato o poco più (quanti sanno cos’è il Cnel e cosa pensano della sua eliminazione?) e che gli italiani non hanno grande dimestichezza con i temi istituzionali, forse il referendum pro o contro il cambiamento del Paese, con annessa la personalizzazione dello scontro, era l’unica strada praticabile.