Dove rifugiarsi
Sono «firmati» da super architetti, hanno servizi a cinque stelle, si mangia di tutto (anche il pesce crudo) e spesso c’è la musica: una volta si chiamavano baite, ora sono posti di tendenza. Una mappa (inedita) di un nuovo modo di stare in alta montagna
Una volta, in vetta, si scattava la foto al panorama. Adesso gli sciatori girano le spalle alle piste e inquadrano i rifugi. Di design, piccoli tempi del gusto per perfetti foodstagram, punti di ritrovo tra una sciata e l’altra, con la sorpresa di condividere un piatto di tagliatelle magari con Nicolas Sarkozy.
È successo durante Carnevale a Mascognaz, villaggetto walser sulle montagne di Champoluc, in Val d’Aosta. «Monsieur le président», come lo chiama il direttore del rifugio Cesare Clemente, ha soggiornato per 15 giorni nella baita Monte Rosa (una dei sette chalet del villaggio, 140 metri quadrati su due livelli) insieme a Carla Bruni, ai figli e alle guardie del corpo. «Erano 8 anni con facevano una settimana bianca», sottolinea il direttore, e invece di un hotel tradizionale hanno scelto il rifugio cinque stelle, che di giorno apre le porte anche a chi pratica alpinismo e fuori pista. « A pranzo abbiamo molti clienti esterni, grazie a un menu light e alla possibilità di utilizzare la piscina di 17 metri e l’area benessere. Chi vuole prenota una escursione alla miniera d’oro di Brusson».
Oltre la polenta
Le nuove baite vanno al di là di salsiccia e polenta. Al Rifugio Comici di Selva di Val Gardena, ai piedi del Sassolungo, la specialità è il pesce crudo. Sempre freschissimo e soprattutto «possibile»: l’aperitivo con crostino di pesce a 5 euro è diventato un rito. Quella al Moritzino in cima a Piz La Ila, in Alta Badia, non è una sostapanino, ma un «aprés-ski»: il rifugio tappezzato di tappeti di mucca, di sera apparecchia in stile mountain- chic con candelabri d’argento. Di giorno è studiato in chiave più informale. Chi vuole farsi una pennichella al sole, è meglio che prosegua per il rifugio successivo: qui, ogni giorno alle 14, c’è il djset e invece di piatti supercalorici ci si tiene tonici con «shottini» (di Spritz o Hugo, a base di prosecco e fiori di sambuco) e «cicchetti» (tra le specialità c’è la pizza).
La foto sotto le (finte) corna di bufalo all’ingresso del rifugio Las Vegas è molto amata dagli Instagrammers. Siamo sempre in Alta Badia, ma qualcuno si sente più in un ranch del deserto. Ulli Crazzolara, il titolare, l’ha rilevato nel 2000 e ha mantenuto il nome dato dai vecchi proprietari, che avevano una passione per il Nevada. Nel 2005 ha ampliato con una parte nuova e con 8 camere (da 130 euro a stanza in mezza pensione).
Archistar in vetta
Firmato dall’architetto Emanuel Kostner con la californiana Gretchen Alexander, il rifugio Las Vegas accoglie gli ospiti con sdraio corredate da coperte in pile e pelliccia, arredi austriaci e un’atmosfera informale. «Di giorno abbiamo il viavai di sciatori, il mercoledì sera facciamo festa con il LasVegas party — dice Ulli —. Le persone arrivano in motoslitta, alcuni ci raggiungono con le pelli: aperitivo, cena ladina e musica. L’età? Dai 20 ai 45 anni».
È un trionfo di vetro e acciaio il rifugio Ice-Q di a Sölden: progettato dagli architetti tirolesi Obermoser di Innsbruck, è stato scelto da James Bond per Spectre. Lo chalet è quasi diventato il motivo per salire a quota 3.048 metri: dalla terrazza dell’ultimo piano si raggiunge la cima del Gaislachkogl attraverso un ponte sospeso. Sempre in Austria a St. Anton, il rifugio Hospitz Alm sorprende con la più grande cantina di jéroboam (le doppie-magnum) d’Europa e ottime short-ribs, accompagnate da una montagna di patate fritte e servite su tovaglie in lino bianco.
La mondanità è il piatto forte del Faloria, a Cortina, dove i clienti, dice lo staff, vogliono piati sempre più leggeri e curati, serviti sulla leggendaria terrazza con vista valle. Ma per molti è El Paradiso di Saint Moritz, sulle piste del Suvretta, il più bello d’Europa: preparatevi a un piccolo salasso, oppure puntate dritti a un dolce, il millefoglie è leggendario.