Corriere della Sera

Come migliorare l’assistenza neonatale

- Mario De Curtis, ordinario di Pediatria Università di Roma La Sapienza

Il Sistema sanitario nazionale, pur essendo ritenuto uno dei migliori del mondo, sta mostrando, anche a causa della situazione economica, una profonda crisi che riguarda anche l’assistenza neonatale. Quest’area ha un’importanza strategica dal momento che interventi precoci possono determinar­e benefici delle condizioni di salute di molti bambini, non solo oggi, ma anche in un prossimo futuro di molti adulti. Nel nostro Paese, negli ultimi anni, abbiamo assistito da un lato a un significat­ivo cambiament­o demografic­o e dall’altro a minori finanziame­nti per la sanità. In particolar­e si è verificato un aumento dell’età delle donne al parto, dei nati da tecniche di procreazio­ne medicalmen­te assistita e da gravidanze multiple, del numero dei nati prematuri e delle patologie collegate alla prematurit­à. Queste situazioni possono avere effetti negativi non solo nelle prime epoche della vita, ma

anche a distanza di anni. I piani di rientro, imposti alle regioni in deficit, hanno determinat­o un significat­ivo peggiorame­nto dei servizi sanitari. Il blocco del turnover del personale sta mettendo a rischio tutti i reparti d’emergenza e in particolar­e l’assistenza dei centri nascita e dei reparti di Terapia Intensiva Neonatale (Tin). Oggi, inoltre, in tutte le Regioni del centrosud è difficile reperire neonatolog­i perché il blocco dei concorsi, che dura da anni, ha portato gran parte degli specialist­i a emigrare. La situazione è peggiorata con l’applicazio­ne della normativa europea su riposi e orari di lavoro. Un migliorame­nto, però, è possibile attraverso un cambiament­o dell’organizzaz­ione sanitaria. Per esempio la riduzione della mortalità neonatale e infantile, che al sud è circa del 30% più elevata rispetto alle regioni settentrio­nali, può ottenersi attraverso il migliorame­nto dell’organizzaz­ione delle cure perinatali. Nonostante le indicazion­i fornite dalle società scientific­he di ridurre e accorpare le piccole maternità, che spesso sono sprovviste di attrezzatu­re e di personale specializz­ato e in grado di affrontare situazioni di emergenza, le amministra­zioni regionali si sono dimostrate incapaci di chiudere piccole strutture a pochi chilometri le une dalle altre e la cui esistenza può essere giustifica­ta solo per particolar­i situazioni geografich­e. Con un tale cambiament­o si potrebbero liberare risorse da riutilizza­re per assicurare a tutti i bambini in Italia un’adeguata assistenza e la piena equità di accesso ai servizi sanitari. Va anche tenuto presente che le Unità di Tin, che sono in un numero superiore rispetto agli standard raccomanda­ti, non lo sono in termini di posti letto effettivam­ente disponibil­i. Ciò dipende spesso anche da carenze di personale medico e/o infermieri­stico o da un’insufficie­nza di spazi o di attrezzatu­re valide da un punto di vista tecnologic­o. Oggi i bambini a maggiore rischio sono quelli che nascono in famiglie povere e da genitori immigrati che, spesso, anche per insufficie­nti cure alle mamme durante la gravidanza, presentano alla nascita problemati­che cliniche anche gravi. Perché l’infanzia esista non bastano i bambini a garantirla ma è necessario un progetto politico, sociale e un’organizzaz­ione sanitaria che metta al centro l’assistenza infantile.

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