Come migliorare l’assistenza neonatale
Il Sistema sanitario nazionale, pur essendo ritenuto uno dei migliori del mondo, sta mostrando, anche a causa della situazione economica, una profonda crisi che riguarda anche l’assistenza neonatale. Quest’area ha un’importanza strategica dal momento che interventi precoci possono determinare benefici delle condizioni di salute di molti bambini, non solo oggi, ma anche in un prossimo futuro di molti adulti. Nel nostro Paese, negli ultimi anni, abbiamo assistito da un lato a un significativo cambiamento demografico e dall’altro a minori finanziamenti per la sanità. In particolare si è verificato un aumento dell’età delle donne al parto, dei nati da tecniche di procreazione medicalmente assistita e da gravidanze multiple, del numero dei nati prematuri e delle patologie collegate alla prematurità. Queste situazioni possono avere effetti negativi non solo nelle prime epoche della vita, ma
anche a distanza di anni. I piani di rientro, imposti alle regioni in deficit, hanno determinato un significativo peggioramento dei servizi sanitari. Il blocco del turnover del personale sta mettendo a rischio tutti i reparti d’emergenza e in particolare l’assistenza dei centri nascita e dei reparti di Terapia Intensiva Neonatale (Tin). Oggi, inoltre, in tutte le Regioni del centrosud è difficile reperire neonatologi perché il blocco dei concorsi, che dura da anni, ha portato gran parte degli specialisti a emigrare. La situazione è peggiorata con l’applicazione della normativa europea su riposi e orari di lavoro. Un miglioramento, però, è possibile attraverso un cambiamento dell’organizzazione sanitaria. Per esempio la riduzione della mortalità neonatale e infantile, che al sud è circa del 30% più elevata rispetto alle regioni settentrionali, può ottenersi attraverso il miglioramento dell’organizzazione delle cure perinatali. Nonostante le indicazioni fornite dalle società scientifiche di ridurre e accorpare le piccole maternità, che spesso sono sprovviste di attrezzature e di personale specializzato e in grado di affrontare situazioni di emergenza, le amministrazioni regionali si sono dimostrate incapaci di chiudere piccole strutture a pochi chilometri le une dalle altre e la cui esistenza può essere giustificata solo per particolari situazioni geografiche. Con un tale cambiamento si potrebbero liberare risorse da riutilizzare per assicurare a tutti i bambini in Italia un’adeguata assistenza e la piena equità di accesso ai servizi sanitari. Va anche tenuto presente che le Unità di Tin, che sono in un numero superiore rispetto agli standard raccomandati, non lo sono in termini di posti letto effettivamente disponibili. Ciò dipende spesso anche da carenze di personale medico e/o infermieristico o da un’insufficienza di spazi o di attrezzature valide da un punto di vista tecnologico. Oggi i bambini a maggiore rischio sono quelli che nascono in famiglie povere e da genitori immigrati che, spesso, anche per insufficienti cure alle mamme durante la gravidanza, presentano alla nascita problematiche cliniche anche gravi. Perché l’infanzia esista non bastano i bambini a garantirla ma è necessario un progetto politico, sociale e un’organizzazione sanitaria che metta al centro l’assistenza infantile.