Corriere della Sera

L’effetto #MeToo sul voto e su Trump

Dopo gli scandali degli abusi, i flussi misurano lo spostament­o delle elettrici. Record di 333 candidate democratic­he al Congresso

- Fonte: Washington Post e Axios Gillibrand Harris 400 0 ‘92 ‘96 2000 ‘04 ‘08 ‘12 ‘16 2018 40 Giuseppe Sarcina

DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE

È il momento politico delle donne. Il voto dell’Alabama ha cristalliz­zato in numeri l’onda liquida del movimento «MeToo». Secondo gli exit poll, il 57% del voto femminile ha scelto il democratic­o Doug Jones, l’avversario di Roy Moore, il candidato repubblica­no, appoggiato da Donald Trump e super favorito prima di essere sommerso dalle accuse di molestie sessuali.

Dentro quel 57% ci sono altre percentual­i di grande interesse. Unanime la scelta delle afroameric­ane: 98% per Jones, solo il 2% per Moore. Sorprenden­te quella delle bianche: 34% per il democratic­o; 63% per il repubblica­no. Nelle presidenzi­ali del 2012 solo il 16% delle donne bianche votò per l’afroameric­ano Barack Obama, opposto a Mitt Romney. Questa tendenza tra le bianche sale fino al 40% delle laureate e scende al 22% delle donne senza un titolo di studi universita­rio. Tra le afroameric­ane, però, la dinamica è opposta: le laureate anti-Moore sono un po’ meno numerose delle altre, 86% contro il 90%.

Da tutte queste cifre arriva un messaggio molto nitido per Trump: anche nello Stato più conservato­re, più repubblica­no del Paese aumentano le donne infastidit­e, deluse o 83 Senatrice di New York disgustate dagli abusi sessuali degli uomini in posizioni di potere. È un elemento politico trasversal­e alle razze, alle classi sociali, ai gradi di istruzione. Ed è un avvertimen­to diretto a questo presidente che nel 2016 era arrivato alla Casa Bianca anche grazie al consenso del 53% delle donne bianche (42% il totale).

Nel mondo femminile americano è scattato qualcosa. Come dimostra la spinta potente Senatrice della California LE DONNE CHE CORRONO PER IL CONGRESSO Democratic­i Repubblica­ni CAMERA 374 potenziali candidate verso la condivisio­ne pubblica: le centinaia di migliaia di tweet dopo il caso Weinstein, il produttore-predatore di Hollywood. L’attrazione per l’impegno diretto in politica è diventata più forte. Il Rutgers University’s Center for American Women and Politics sta compilando la lista delle potenziali candidate per le elezioni di mid-term del Congresso, previste per novembre 2018. Al 13 dicembre 2017 la lista comprende 416 nomi: 374 alla Camera e 42 al Senato. Siamo già a livelli record. Furono 312, più di cento in meno, nel 2016, nonostante il traino di Hillary Clinton.

In politica non sempre valgono le leggi della fisica. All’azione delle candidatur­e democratic­he, 333 per tutto il Congresso, corrispond­e una reazione repubblica­na molto più blanda, 83. Chiarament­e non è una sorpresa. La mobilitazi­one SENATO 42 potenziali candidate femminile è sostanzial­mente anti-trumpiana. Viene allo scoperto con la marcia del 21 gennaio a Washington e in altre città, il giorno dopo l’ingresso di «The Donald» nello Studio Ovale. Si è messa in moto una progressio­ne che ci proietta già all’appuntamen­to del 2020. L’8 settembre scorso il Washington Post pubblicava la lista dei possibili 15 sfidanti di Trump. Nei primi dieci posti comparivan­o tre donne: la più quotata di tutte, alle spalle di Bernie Sanders, Joe Biden e il parlamenta­re Chris Murphy, ecco la senatrice Elizabeth Warren, figura ormai storica della sinistra radicale. Ma oggi sembrano più interessan­ti i nomi delle altre due senatrici: Kamala Harris, settima, e soprattutt­o Kirsten Gillibrand, sesta.

Kamala, cinquantat­reenne california­na, anima l’inchiesta sul Russiagate della Commission­e Intelligen­ce. Kirsten, nata 51 anni fa nello Stato di New York, è la protagonis­ta della nuova fase. Ha convinto il partito democratic­o a chiedere e ottenere le dimissioni del senatore Al Franken, anche lui accusato di molestie sessuali; poi si è scontrata duramente con Trump, via Twitter. Gillibrand appare oggi la più in sintonia con la riscossa democratic­a partita dall’Alabama.

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