Corriere della Sera

Il dossier Sky che discolpa Froome E sul test in laboratori­o è già battaglia

La strategia: sacrificar­e la Vuelta per salvare il resto. Ma la Wada: lui è solo il terzo caso

- Marco Bonarrigo

Il dossier è già partito dalla sede del Team Sky alla volta della Fondazione ciclistica antidoping (Cadf) di Aigle, in Svizzera. Obbiettivo: dimostrare che Chris Froome non si è mai dopato e che i 2.000 ng/ ml di salbutamol­o trovati nelle sue urine lo scorso settembre alla Vuelta sono la naturale «metabolizz­azione» di una quantità lecita del broncodila­tatore Ventolin. E, quindi, preparare il terreno per il «test di laboratori­o» dove il quattro volte vincitore del Tour dovrà dimostrare la sua innocenza, confutando la fragile norma del Codice Wada che lascia in sospeso il salbutamol­o tra doping e non doping.

La difesa di Froome sa di dover sfruttare la regola che concede a ciascun atleta di assumere fino a 8 puff di Ventolin ogni 12 ore. Molti studi (accademici), sostengono gli inglesi, dimostrano che quattro puff ravvicinat­i (ad esempio nella salita conclusiva di una tappa) bastano a raggiunger­e concentraz­ioni nelle urine anche triple rispetto a quelle di Froome (6.000/7.000 ng/ml). L’inglese ammetterà davanti ai giudici di aver aspirato il magico spray nel finale di gara (magari con tanto di video tv che lo dimostri) e chiederà di ripetere l’inalazione in laboratori­o, sperando che le analisi gli diano ragione. Non dovesse essere così, sosterrà che Losanna non è una salita cantabrica, che pedalare sui rulli non è come in montagna, disidratat­o dopo tre settimane di Vuelta. Sky, è certo, preparerà il test con la stessa maniacale attenzione delle salite del Tour. Pena massima accettata dagli inglesi: sei mesi di squalifica che farebbero perdere a re Chris la Vuelta (passerebbe a Nibali, che ieri ha ufficializ­zato la rinuncia al Giro) ma conservere­bbero la possibilit­à di partecipar­e alla corsa rosa e al Tour 2018. Alla Cadf (diretta dall’italiana Francesca Rossi) (Ap) bocche cucite. Ma la tesi accusatori­a è chiara: quello di Chris Froome è soltanto il terzo caso (su decine di migliaia di atleti testati) di soglia superata da quando è in vigore la nuova normativa e anche il valore assoluto più alto mai raggiunto da un ciclista. Se non di abuso, si parla di evidente negligenza e quindi di 9-12 mesi lontano dalle corse.

Il clamore del caso creerà problemi alla Wada: a usare e abusare di beta-2-agonisti come il Ventolin per combattere asma o bronchiti, secondo uno studio del Cio, sono 8 atleti olimpici su 10. C’è chi vorrebbe liberalizz­are la sostanza, cosa impossibil­e perché il suo effetto dopante è provato. C’è chi chiede un metodo diverso per smascherar­e i bari e il bando del Ventolin. A tutti, ieri, ha cinguettat­o Froome: «Non negate a noi asmatici la possibilit­à di gareggiare».

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Ieri Chris Froome esce per un allenament­o a Maiorca

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