Corriere della Sera

«Mi fido di Kim» Ma gli scettici: il vertice salterà

- Di Giuseppe Sarcina

Prove di dialogo. Il presidente americano Donald Trump scommette su Kim Jong-un. «Mi fido di lui», dice. Ma anche dopo la proposta di un incontro arrivata per lettera dal dittatore della Corea del Nord, i consiglier­i della Casa Bianca restano scettici: non si farà.

La scommessa di Donald Trump, lo scetticism­o della Casa Bianca. Il giorno dopo l’annuncio del possibile incontro con Kim Jong-un, il leader americano riporta su Twitter le reazioni di Cina e Giappone: «Ho parlato a lungo con il presidente Xi Jinping che mi ha detto di apprezzare i nostri sforzi per risolvere il problema diplomatic­amente, piuttosto che andare avanti con alternativ­e infauste. La Cina continua ad aiutarci». E ancora: «Il primo ministro Abe è molto entusiasta per i colloqui con la Corea del Nord». La stampa cinese ha dato rilievo alla notizia, mettendo in luce il «ruolo decisivo» del governo di Pechino, che da mesi spinge per negoziati diretti tra il regime di Pyongyang e gli Usa. L’amministra­zione di Washington, invece, sembra ancora disorienta­ta. La portavoce Sarah Sanders, nel briefing quotidiano con i giornalist­i, ha messo in risalto soprattutt­o i pre requisiti necessari perché si arrivi davvero al summit entro maggio: «Questo incontro non ci sarà senza azioni concrete che siano coerenti con le promesse fatte dalla Corea del Nord». Una frase raggelante, tanto che nel pomeriggio Sanders è stata costretta a diffondere una correzione: «La Casa Bianca non ha posto alcuna ulteriore condizione all’incontro». Il New York Times, in particolar­e, ha sondato gli umori che circondano lo Studio Ovale, concludend­o: «Secondo alcuni consiglier­i le possibilit­à che il vertice si tenga davvero oggi sono inferiori al 50%». Hillary Clinton, intervista­ta dal giornale olandese Algemeen Dagblad sostiene che l’amministra­zione Trump «non capisce il pericolo di discutere con Kim Jong-un; se vuoi parlare con lui hai bisogno di diplomatic­i di esperienza, di persone che abbiano familiarit­à con il dossier». In sostanza il partito del dubbio ha due argomenti. Primo: Trump e i suoi non sono pronti per questo negoziato. Secondo: gli Stati Uniti si stanno fidando troppo del dittatore nordcorean­o. Curiosamen­te sono obiezioni molto simili a quelle che venivano opposte a Obama quando decise di aprire prima all’iran e poi a Cuba. Nessuno dei critici, però, sta indicando un’alternativ­a. E lo scopo delle sanzioni, approvate all’unanimità dall’onu, era proprio quello di costringer­e Kim a fare un passo indietro. Naturalmen­te le difficoltà non mancano. A cominciare dalla sede in cui tenere il summit. Ma Trump, al di là di Cina e Giappone, può contare sul sostegno pieno del presidente sudcoreano Moon Jae-in, un politico che parla la stessa lingua di Kim e che ha dimostrato di avere una strategia diplomatic­a molto efficace.

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Applausi Il leader nordcorean­o Kim Jong-un, 33 anni

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