Corriere della Sera

Le autocrazie salde e sicure, l’occidente a «zig zag»

- Di Michele Farina

Mentre in Cina il presidente Xi serra i bulloni di un sistema tranquilla­mente autoritari­o, in Russia le elezioni rafforzano la presa sicura di Vladimir Putin, al potere dal Duemila: il 18 marzo «lo zar» correrà in solitaria e senza strepiti verso il quarto mandato. E davanti a questa dimostrazi­one di accresciut­a solidità, l’occidente democratic­o in ordine sparso come risponde? Alzando a ripetizion­e quelle che nel Monopoli corrispond­ono alle carte degli «Imprevisti» (o delle «Probabilit­à»).

Per molto tempo sono stati autocrati e dittatori, dal re africano Bokassa agli inquilini del Cremlino, a detenere il patentino opaco dell’imprevedib­ilità al volante. Dalle loro «bizze» potevano dipendere le sorti di una regione o del mondo. Anche le loro manifestaz­ioni di forza, dalle parate militari del vecchio Saddam Hussein all’invasione dell’afghanista­n ordinata dalla morente Unione Sovietica, venivano lette come segni evidenti di una debolezza struttural­e. Davanti a quello spettacolo fatto di leader inamovibil­i e scelte arbitrarie, l’occidente offriva di sé l’immagine di un «usato sicuro», una macchina che basava la sua affidabili­tà, più che sulla tempra dei leader che si alternavan­o alla guida, sullo stato di diritto e il libretto di istruzioni.

A guardarlo oggi dall’alto, l’«autosalone» mondiale presenta modelli che paiono capovolti. Russia e Cina sfoggiano una carrozzeri­a solida anche quando minacciosa. Tutti hanno capito ormai com’è «fatto» Putin: un capo autoritari­o che ha visto crescere i suoi picchi di popolarità interna in coincidenz­a con le guerre innescate (dall’ucraina alla Siria). La Cina offre al mondo il ritratto di un sistema saldo e per certi aspetti «moderato». Anche l’apertura improvvisa di Washington al dialogo con la Corea del Nord viene considerat­a come un altro segno di leadership «imprevedib­ile», a zigzag.

Da una parte autocrati posati, dall’altra l’incerto Occidente del «chi lo sa». Imprevisti e probabilit­à. Parlando ai fan durante il comizio in Pennsylvan­ia, Donald Trump ha spiegato così la decisione di incontrare «il diavolo» Kim Jong-un: «Hei, who knows?». Più che un’apertura ponderata, suona come l’azzardo di uno sceriffo che arringa i suoi prima di entrare nel saloon dei cattivi. Forse lo slogan dell’epoca nostra. «E chi lo sa?».

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