Corriere della Sera

L’autopsia su Alessandro: non si è difeso

Delitto di Pescara, la madre ascoltata per tre ore si sfoga: «Possibile che io non conosca mio figlio?»

- Nicola Catenaro

È morto SPOLTORE (PESCARA) senza difendersi. Gli hanno puntato la pistola al petto e hanno fatto fuoco. Forse la punizione per aver commesso uno sgarro o aver tradito la fiducia di una persona, questa è una delle varie ipotesi che si stanno esaminando ora. E l’esecuzione potrebbe essere avvenuta a pochi metri dal punto in cui il corpo è stato trovato, nel fosso canale di via Vallelunga, vicino al cimitero di San Silvestro.

L’autopsia dice che non ci sono segni di colluttazi­one sul corpo di Alessandro Neri, 29 anni da compiere a fine mese, trovato morto alla periferia di Pescara giovedì scorso. La mattina di mercoledì la sua Cinquecent­o cabrio era stata trovata in via Mazzini, davanti alla vetrina laterale della pizzeria «Maruzzella». Si era allontanat­o da casa lunedì pomeriggio dicendo alla madre Laura che non sarebbe rientrato a cena.

Poco dopo, alle 18.15, il suo telefono aggancia la cella della località in cui è stato rinvenuto cadavere. È l’ultimo segnale prima di spegnersi, in base a quello si organizzer­à nei giorni successivi la caccia con i cani molecolari. Resta da capire se abbia fatto un’ultima telefonata prima di incontrare il suo assassino. O gli assassini, dato che potrebbero essere stati più di uno. Gli inquirenti stanno cercando risposte anche nei video delle telecamere della zona.

Intanto ieri mattina Laura Lamaletto, la mamma, è stata sentita di nuovo dai carabinier­i. Convocata alle 11, è uscita dalla caserma poco prima delle 14. «Normale audizione», spiegano gli inquirenti. Ma lei sembra provata dalle quasi tre ore di colloquio. Tante domande per capire cosa faceva suo figlio, che abitudini aveva, chi frequentav­a. «Possibile che io non conosca Ale?», si lascia sfuggire al termine. Ma, alla domanda se suo figlio avesse una doppia vita, risponde «non lo so, non mi dicono niente» e va via.

A Montesilva­no, venti minuti di auto da Spoltore, ci sono tanti italo-venezuelan­i. Come la madre di Alessandro il «Nerino», che si sentiva uno di loro. Non c’erano solo il calcetto e il gruppo degli ultras nella sua vita. Lui frequentav­a la comunità a cui sentiva di appartener­e per divertirsi, trascorrer­e serate in allegria, ballare latino-americano. Con il gestore di un locale in viale Europa aveva stretto amicizia. «Ero stato con lui nei giorni scorsi, sembrava tranquillo». Aggiunge, sommesso: «Non vorrei che si fosse innamorato

Un amico «Non vorrei che si fosse innamorato della persona sbagliata»

della persona sbagliata». Poi si ferma: «Ma no, non lo so» taglia corto.

Il mistero continua. Tante le teorie, le ipotesi, che non trovano però riscontro tra gli stessi inquirenti. Come la pista della droga; o quella familiare, legata agli interessi dell’azienda vinicola da cui la famiglia Neri era stata estromessa in favore di un cugino. Oppure la tesi più fantasiosa, secondo cui Alessandro sarebbe addirittur­a vittima di sicari inviati dal Venezuela per colpire la famiglia Lamaletto, dopo il frettoloso ritorno del ricco nonno Gaetano in Abruzzo.

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