Dalla Cina con pudore Volvo resta «svedese»
Otto anni di gestione Geely e tutto è cambiato. Ma in meglio Modelli che vendono, tanta tecnologia, due nuovi marchi...
Il mercato Nel primo trimestre 2018 la Volvo ha aumentato del 14,1 per cento le vendite mondiali rispetto all’anno prima. Negli Usa il balzo in avanti è stato del 49 per cento; in Cina del 23,3; in Europa del 5,7. Il trend proseguirà con la XC40, lanciata in febbraio: in Italia le vendite sono state 2.500 in poche settimane, su 7.090 auto consegnate in tre mesi. (f.v.)
Nei luoghi del commissario Montalbano, pensando alla Cina. Nel caso della Volvo c’è questa relazione apparentemente strampalata, ma in realtà puntuale. La casa della diagonale ha infatti scelto un viaggio attraverso i posti legati ai romanzi di Andrea Camilleri e alla fiction televisiva sulle gesta del famoso personaggio per presentare l’eccellenza della sua linea XC e per tracciare un bilancio dei primi otto anni della gestione di Geely Holdings, il gruppo cinese che ha comperato il marchio.
Ovvero: come acquistare un’azienda a rischio, ribaltarla pur mantenendo intatto il Dna e rilanciarla con numeri record. La tentazione, in effetti, sarebbe di partire dalle cifre dell’exploit, ma è anche bello cominciare dalle sensazioni provate toccando Modica, Scicli, il castello di Donnafugata, Marinella e la Mànnara (luogo di un delitto), o posti come Vigata e Montelusa in bilico tra realtà e immaginazione letteraria. La XC60 – World Car of the year 2018 – e la XC40, ultima nata ed eletta Auto dell’anno 2018 in Europa (riconoscimento mai conquistato da Volvo), colpiscono per l’agilità in tutte le situazioni, anche quando si tratta di cavarsela in passaggi angusti (districarsi a Ragusa Ibla è un’impresa pure per il sistema di navigazione, che lì mostra qualche cenno di cedimento). La razionalità è l’asse portante della strumentazione, mentre la guida — due motorizzazioni diesel quelle provate — fa apprezzare decisamente una soluzione quale l’assistenza alla sterzata, che permette di completare una curva secondo la traiettoria migliore.
Sì, eccellenza. Nelle scelte e nelle impostazioni. Dalla capostipite della svolta, la XC90, Volvo prosegue in un solco difeso da Hakan Samuelsson, presidente e amministratore delegato, ma soprattutto da Li Shinfu, l’ingegnere scienziato amante della poesia a capo di Geely: «Questo celebre brand rimarrà fedele ai suoi valori in tema di sicurezza, qualità e rispetto dell’ambiente», disse. Promessa mantenuta. Volvo è tra le 135 aziende più etiche del mondo; declina la parola «sostenibilità» con un concetto: «Quanto ottenuto oggi non deve andare a scapito delle generazioni future»; è dichiaratamente «green»; lavora sulla guida autonoma; ha un piano che porterà dal 2019 a proporre soluzioni ibride e «full electric», con un motore a benzina a 3 cilindri da 1.500 cc; ha la mente avanti (ecco il «care by Volvo», che permette di affittare l’auto e non di acquistarla), crede sia nel presente (puoi ritirare la XC40 con una «app» e non con la chiave) sia in un domani in arrivo, quando la spesa o i vestiti lavati in lavanderia saranno recapitati nell’auto. «Più che vendere macchine, si venderanno servizi», è lo slogan scelto.
Due piattaforme speculari garantiranno una produzione che si è appena arricchita di un livello «top» (il marchio Polestar, per le elettriche ad alte prestazioni) e presto ne avrà uno di accesso, all’estremo opposto, più popolare.
Ecco i numeri, allora: Volvo nel 2009 era scesa a 334.800 macchine; dal 2010 ha invertito la tendenza e nel 2017 la produzione è salita a 571.777 unità, con una previsione di 600 mila nel 2018 grazie all’esplosione della XC40. L’utile operativo è di 14,1 miliardi di corone (circa 1,6 miliardi di euro), le vendite sono aumentate del 14 per cento.
Ma le cifre non dicono un’altra cosa: questa è un’azienda che prima di tutto spiega come sta cambiando l’umanità.