La polizia e l’omaggio a Calabresi: serviva lo Stato, fu isolato
Milano, ieri la cerimonia con Gabrielli, il questore Cardona e la famiglia del commissario assassinato 46 anni fa
MILANO Le due «regole» d’ogni massimo sistema criminale, prima di assassinare, sono emettere una «sentenza» definitiva di colpevolezza ed emarginare la vittima. Il commissario Luigi Calabresi fu condannato, con la complicità di uomini di cultura, e poi ucciso dai terroristi di Lotta continua. Il trascorrere del tempo — ieri sono stati 46 anni dal delitto — rende ancor più nitido lo struggente isolamento in cui visse e morì Calabresi. Lo stesso isolamento di magistrati, politici, altri poliziotti e carabinieri ugualmente assassinati.
Con una cerimonia sobria e partecipata nel cortile della Questura, davanti alla vedova Gemma e ai tre figli, il capo della Polizia Franco Gabrielli ha ricordato il sacrificio del commissario, un profondo servitore dello Stato rimasto fino all’ultimo al suo posto nonostante tutto e tutti, e ha insieme ricordato la profonda dignità della famiglia Calabresi. Una famiglia che ha affrontato la battaglia senza disunirsi, anzi trovando giorno dopo giorno una rara forza.
Bisogna sempre rispettare chi c’è stato prima di noi, in onore alla memoria e alla vita, a maggior ragione in un luogo di prestigio che ha fatto e fa la storia d’italia. Non è dunque solo per una routinaria pratica che i nuovi e i vecchi poliziotti, ha detto il questore Marcello Cardona, nell’attraversare questo cortile debbano osservare il busto dedicato al commissario. E provare a Chi era
● Luigi Calabresi, classe ‘37, era vice capo dell’ufficio politico della Questura di Milano
● È stato ucciso il 17 maggio 1972 da Lotta Continua immedesimarsi, anche per un attimo, nella sofferenza quotidiana, nei molteplici attacchi che precedettero l’agguato in via Francesco Cherubini. I pregiudizi superarono i fatti, ha detto il direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana, chiamato sul palco per ricostruire quegli anni tragici. Sì, pregiudizi: con Calabresi, «simbolo della legalità e simbolo di Milano», si volle provare a capire evitando di studiare; si volle giudicare e sentenziare ritenendo cosa giusta non ascoltare la difesa.
Il ricordo
In Questura la vedova Gemma e i tre figli «Rimase al suo posto nonostante tutto»