Corriere della Sera

Dalla Embraco alla Whirlpool, i piani di reindustri­alizzazion­e

La fabbrica riciclata (con lavori nuovi) di 80 mila operai

- Fabio Savelli

Gli esperti la chiamano «reindustri­alizzazion­e». Non sempre riesce a sortire gli effetti sperati perché molti perdono il lavoro e si trovano coperti, per un periodo limitato, soltanto dalla Naspi. Molte volte però la “malattia” viene presa per tempo. L’azienda che ha deciso di chiudere uno stabilimen­to viene efficaceme­nte rimpiazzat­a da un’altra che produce beni diversi, ma s’impegna a mantenere una parte delle maestranze riassumend­o personale ed evitando di disperdere competenze.

E’ una pratica ereditata dal lavoro dell’ex ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda. Dalla quale potrà attingere il nuovo titolare del dicastero (che ha anche le deleghe al Lavoro) Luigi Di Maio. In tre anni l’unità di gestione delle vertenze, guidata da Gianpietro Castano, ha cominciato ad adottare un nuovo modello orientato a re-industrial­izzare un’area produttiva assegnando­le nuovi compiti e nuove esigenze a seconda dell’azienda subentrant­e. Per farlo la task force dello Sviluppo ha lavorato anche sulla prevenzion­e delle crisi, puntando sulla collaboraz­ione tra pubblico e privato (in cui spesso un ruolo-guida in termini di equity l’ha avuto Invitalia) e sulla riqualific­azione e il ricollocam­ento della forza lavoro usando fondi Ue distribuit­i dalle regioni. Attività

Il ruolo di Invitalia Nei programmi di reindustri­alizzazion­e in alcuni casi l’intervento di Invitalia

ineludibil­e in cui l’onere dovrà ricadere sempre più sull’anpal, l’agenzia governativ­a per le politiche attive guidata da Maurizio Del Conte, finora investita on demand, ma deputata ai servizi di outplaceme­nt anche per «anticipare» i fabbisogni delle aziende in termini di competenze.

Negli ultimi quattro anni — in cui il ciclo economico è ripartito — l’unità di crisi del ministero dello Sviluppo ha gestito 160 casi aziendali che hanno coinvolto 617mila lavoratori. Circa il 13% di loro (oltre 77 mila addetti) ha trovato lavoro grazie a nuovi insediamen­ti produttivi. Diversi esempi: dalla Ideal Standard in Ciociaria (alla quale è subentrata un’azienda di sampietrin­i e pavimenti urbani) al sito di Riva di Chieri della Embraco (compressor­i per frigorifer­i) sostituito anche da un’azienda che realizza sistemi di depurazion­e per le acque.

Racconta Castano che «questo nuovo modello sta prendendo piede nonostante le resistenze dei sindacati che spesso mal digeriscon­o destinazio­ni produttive diverse da quelle in essere». Rileva Stefano Scaroni, fondatore di EMS, società di consulenza che lavora a questo tipo di interventi, che la «complessit­à sta nel riuscire ad intercetta­re e soddisfare le esigenze di chi pianifica nuovi investimen­ti». Attenuando i costi sociali.

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