Corriere della Sera

«Politica a scuola? È spingere i ragazzi a pensare»

- Enrico Galiano

Ho letto in un tweet di Salvini la frase «Per fortuna che gli insegnanti che fanno politica in classe sono sempre meno, avanti futuro!». Visto che sono un insegnante, vorrei dedicargli poche parole, sperando abbia il tempo e la voglia di leggerle. In classe io faccio e farò sempre politica, che non è quella delle tifoserie, dello schierarsi da una qualche parte, ma è questa: come vivere bene in comunità, diventare buoni cittadini, costruire insieme una polis forte, sicura e illuminata. Spiegare che non deve urlare più forte e parlare sopra gli altri per farsi sentire, è fare politica. Parlare di stelle cucite sui vestiti, di foibe, di gulag e degli orrori del passato è fare politica. Fotocopiar­e (a spese nostre) le foto di Giovanni Falcone, di Stephen Hawking e dell’orologio della stazione di Bologna fermo alle 10,25 e poi appiccicar­le ai muri delle classi, è fare politica. Buttare via un intero pomeriggio di lezione preparata perché c’è l’ennesimo femminicid­io per far capire com’è che in questo Paese le donne muoiono così spesso, è fare politica. Insegnare a parlare correttame­nte e con un lessico ricco e preciso, affinché i pensieri dei ragazzi possano farsi più chiari e perché un domani non siano succubi di chi con le parole li vuole fregare, è fare politica. Accidenti se lo è! Sì, perché fare politica non vuol dire spingere i ragazzi a pensarla come te: vuol dire spingerli a pensare!

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