Imperfettissimo e coraggioso, il gatto Milo ci insegna a volare
Costanza Rizzacasa d’orsogna trasforma per Guanda la vicenda del suo micio in una piccola favola che parla di tenacia e differenze
La delicata Storia di Milo, il gatto che non sapeva saltare (Guanda) pare scritta in punta di gattesca zampa di velluto, non a caso di fine humour e di giochi di parole alla Lewis Carroll sono spesso attraversate le pagine. È invece opera della giornalista Costanza Rizzacasa d’orsogna. Ci narra le avventure del gattino Milo, nato sotto una per niente propizia stella: unico ad aprire gli occhi di una cucciolata, riesce sì a venire al mondo, ma per quasi subito perdere la mamma in una classica notte buia e tempestosa e sarà infine una tasca, il tepore accogliente di una tasca, a salvarlo. Ha l’aspetto di «un ragnetto, uno scarabocchio» e per di più di colore nero, nero come il carbone, minacciato da antiche superstizioni che ancora resistono. Non bastasse, a causa di una malattia congenita la testolina gli dondola, ha vista precaria, cammina a zig zag, inciampa, cade e si rompe continuamente, anche da fermo, e non riesce a fare neppure il più piccolo saltino.
Con queste premesse non può che conquistare all’istante il lettore, che avrà poi la sorpresa (se non legge queste righe) di vederlo spuntare dalla penultima pagina del libro non sotto forma di illustrazione come nelle pagine precedenti (eleganti e seduttive le tavole di Giacomo Bagnara), bensì in fotografia: perché sì, quella di Milo (che deve il nome a uno dei due fratellini del celebre Incompreso di Florence Montgomery) è una storia vera, è il vero imperfettissimo micio adottato da Costanza Rizzacasa alcuni anni fa. E l’autrice ce la racconta ben sapendo che non solo della fragilità di Milo (che ha «unghiette delicate come fili d’erba») e della sua audacia si tratta, ma di quella mai arresa di tutte le creature indifese animali e umane (pagina 30: «Che animale sei? Sono un bambino») per non venir spazzate via in un baleno dalla vita alla quale, quel tal giorno, in quel tal luogo, hanno avuto in sorte di, così impreparati, affacciarsi. E, come accade talvolta agli umani più tenaci, l’inadeguato e maldestro «super-errore» Milo si trasformerà pagina dopo pagina in «super-eroe».
Molti i compagni d’avventura: il gabbiano Virgilio (nel cui ritorno il lettore spererà fino all’ultimo), lo scorpione G-attila, il riccio Giulia, la mucca Arianna, il vitellino Tobia, il gatto balbuziente Valentino («grossa palla di pelo, come un covone malfatto») e l’astice Cagliostro, anche lui come Milo di andatura improbabile, avendo perso una chela durante la fuga dalla pentola bollente.
Con tutti questi personaggi il coro di voci si fa più fitto, le pagine si affollano, lo scenario si amplia, dopo le strade di Milano e di Roma, finale arioso e apertissimo nell’isola di Linosa tra pescatori e incantevoli casette colorate. Il bambino leggendo non potrà non immaginare, quasi vedere, magari chiederà alla mamma se di questa storia esiste il cartone come per La gabbianella e il gatto che le insegnò a volare. Sì, sarebbe bello, chissà.
Supereroe felino
Unico ad aprire gli occhi di una cucciolata sfortunata, vede poco e cammina a zig zag. Ma non si arrende