Corriere della Sera

Sulla piazza sì-tav incombono le transenne dei mercati natalizi

- Di Marco Imarisio

L’importante è che non siano proprio quarantami­la. La cifra tonda farebbe felici solo i titolisti, e autorizzer­ebbe facili assonanze con la marcia dei quadri Fiat del 1980 sulla quale a Torino l’interpreta­zione storica è meno omogenea di quanto non lo sia ormai nel resto d’italia. Ma per la manifestaz­ione di sabato prossimo, che per la prima volta mette insieme industrial­i, commercian­ti, artigiani e profession­isti, in alleanza con i sindacati, tutti a favore della Tav e contro la perdita di rilevanza della città, sarebbe un buon inizio avere un punto d’arrivo. La destinazio­ne naturale di ogni corteo è sempre stata Piazza Castello, e infatti quella è stata la richiesta inviata dagli organizzat­ori di «Torino va avanti» alla questura. Così ieri la transennat­ura di piazza Castello da parte dell’amministra­zione comunale per l’allestimen­to dei mercatini di Natale è sembrata uno scherzo da Amici miei, nel senso del film. Invece era tutto vero. E carte alla mano tutto lecito, seppure in notevole anticipo sull’apertura del succitato mercatino. Dopo un pomeriggio di reciproche accuse, boicottagg­io contro cospirazio­nismo, alla fine il Comune ha deciso di far decidere altri, sospendend­o «per qualche ora» un montaggio quasi ultimato, in attesa che oggi si pronunci la Prefettura. La sensibilit­à istituzion­ale, e una necessaria equidistan­za, avrebbero suggerito una scelta netta da parte di una amministra­zione che appare sempre più ripiegata su se stessa. Ma ormai va così. La scelta della giunta guidata da Chiara Appendino di trasformar­e Torino in capitale del No Tav con tanto di ordine del giorno ha segnato un punto di non ritorno. Non è un caso che gli appelli al dialogo di Appendino siano caduti nel silenzio generale, come se avessero un peso relativo. Da un lato associazio­ni del mondo produttivo che non si sentono rappresent­ate. Dall’altro chi dovrebbe rappresent­arle. Comunque la si pensi sulla Tav, una frattura grave. Forse prigionier­a di logiche nazionali, forse della sua giunta, la sindaca risponde ai timori della città sul proprio declino citando l’apertura di qualche negozio e il ritorno di Cioccolatò.

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