L’isolamento di Conte costretto alla cautela: meglio rinviare le scelte
L’attendismo su Bankitalia e sulla questione francese
ROMA «Stiamo approfondendo», spiega alle agenzie, al termine della cerimonia del Giorno del ricordo, al Quirinale «Meglio aspettare. Rinviamo, facciamo calmare le acque e ci pensiamo più avanti», dice più tardi ai suoi. Giuseppe Conte, in mezzo al fuoco incrociato dei due vicepremier, tra crisi diplomatiche con la Francia, turbolenze con l’europa e missili sparati in direzione di Bankitalia, decide di non decidere. Lo descrivono inquieto, spiazzato dal crescere delle tensioni e preoccupato che una sua mossa possa provocare il crollo di quell’edificio sempre meno stabile che è il governo.
Conte è uomo di legge, attento alle procedure e sa bene che non può mettere bocca nelle nomine interne di Bankitalia. Che bloccare la riconferma di Luigi Federico Signorini alla vicedirezione sarebbe vissuto come un atto di interferenza e di limitazione dell’indipendenza della banca. Del resto, dalla sua parte ci sono ministri come Giancarlo Giorgetti e Giovanni Tria. Non solo. Piero Cipollone, il suo consigliere più fidato che lo ha guidato e consigliato nei giorni difficili della trattativa sul deficit con l’europa, è un uomo di Bankitalia, dove è entrato nel 1993 e dove ha fatto carriera, diventandone uno dei dirigenti più apprezzati. Naturalmente Cipollone non può che stare dalla parte dell’autonomia di un istituto da sempre sottoposto agli assalti dei politici.
Nel contempo, un gesto di Conte che avalli la riconferma, come spiegano dai due partiti, sarebbe molto rischioso. Perché lo porterebbe di fatto a essere sfiduciato dalle due forze che lo sostengono. Un premier isolato, più di quanto lo sia ora. Non più l’uomo che media e risolve i conflitti tra i due partner, ma il leader in aperto conflitto con le colonne portanti del suo esecutivo. Per questo il premier si è orientato all’inerzia. Non ci sarà nessun atto formale, perché non ce n’è bisogno. La nomina di Signorini scade domani e in mancanza di un rinnovo, scadrà automaticamente. «Che siano quattro o cinque, nel Direttorio, non cambierà poi molto», dicono nel governo.
Quello che è certo è che quello di Bankitalia è solo uno dei fronti sui quali Conte deve munirsi di pazienza e cautela. La querelle diplomatica sulla Francia lo ha messo in grave in imbarazzo, anche perché sullo sfondo c’è l’irritazione del Quirinale, che lo stringe ancora di più in una morsa. Salvini, facendo valere la sua esperienza, ha pensato bene di alternare gli strali alle lusinghe e di scrivere al ministro francese Castaner (ottenendo un due di picche indignato). E Conte? «Stava in Libano, si sono parlati più volte al telefono», assicurano dalla Lega, e quindi nessun contrasto. Ma il problema è un altro. Perché il portavoce del governo francese ha risposto così: «Salvini? C’è un premier in Italia, si chiama Giuseppe Conte e Macron lo ha incontrato più volte». Come a dire, spetta al presidente del Consiglio una mossa. Ma anche in questo caso Conte temporeggia. Non è escluso, anzi, è probabile, che ci si arrivi. Ma meglio far calmare le acque, meglio riportare la questione su binari più ragionevoli e politici e meno elettorali. Magari, nel frattempo, sentendo informalmente l’ambasciatore francese Christian Masset, con il quale il premier ha un buon rapporto.
E Di Maio? Non è un segreto che da qualche giorno la situazione tra i due non sia più idilliaca, come all’inizio. Il vicepremier soffre. Per la spaccatura del suo gruppo, con Fico e i suoi sempre più pronti ad alzare la testa. E per lo strapotere mediatico di Salvini. Conte rischia di fare da parafulmine della sua insofferenza, con il dubbio che ogni tanto qualcuno insinua nell’orecchio del vicepremier, che il presidente del Consiglio ambisca a soffiargli il posto come capo del Movimento. Voci, se non del tutto infondate, comunque premature. Perché Conte sta ancora al timone della nave. Lo scafo beccheggia, le onde diventano marosi e l’orizzonte non è più così chiaro. Ma per lui non è il momento di prendere iniziative, di deviare in una direzione che non sia quella indicata dai venti. Si procede lentamente e se c’è da star fermi, si sta fermi, immobili, sperando di evitare la tempesta.
Le difficoltà
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