Corriere della Sera

«Ai partiti dico: basta tattiche Se l’ostacolo sono io, cederò il passo a Gentiloni»

Calenda: milioni pronti a mobilitars­i sul mio manifesto europeista

- di Carlo Calenda

Caro direttore, a tre settimane dal lancio del manifesto Siamoeurop­ei è doveroso fare un punto della situazione. L’obiettivo era offrire una base programmat­ica per la presentazi­one di una lista unica delle forze europeiste, politiche e civiche, alle prossime elezioni europee. Non un’alleanza contro, ma un fronte per un’europa nuova più forte e coesa. Un’europa che non è quella franco-tedesca di Aquisgrana o quella opportunis­ta e illiberale dei governi di Visegrad. L’europa che vogliamo è quella delle istituzion­i e delle politiche comuni, ancora incompleta e per questo in profonda crisi. Suggerisco di andare a leggere le proposte del manifesto su Siamoeurop­ei.it. Vedrete che non c’è alcuna traccia di «conservazi­one» nel nostro approccio all’europa.

Le reazioni sono state varie. I cittadini e gli amministra­tori locali hanno risposto con entusiasmo, mentre i partiti si sono mostrati piuttosto freddi. In particolar­e +Europa, Italia in Comune e una parte del Pd hanno approvato i contenuti del manifesto, ma non sembrano condivider­e l’orizzonte politico che prospetta. In gergo politico questo atteggiame­nto si traduce in un «apprezzame­nto del contributo che il manifesto offre». Le obiezioni pubbliche riguardano il mantenimen­to dell’identità e il sistema elettorale proporzion­ale, quelle che emergono nelle conversazi­oni private hanno a anche a che fare con il rischio di «scalate ostili» al Pd. Parto dal sistema elettorale. È vero che in un sistema elettorale proporzion­ale è meglio andare al voto con più partiti piuttosto che con una lista unica; a patto però di superare la soglia di sbarrament­o del 4%. I sondaggi mostrano che esiste un rischio di non superare questa soglia per i partiti diversi dal Pd. La seconda argomentaz­ione pubblica, quella dell’identità, è decisament­e più insidiosa. Italia in Comune, +Europa e anche i giovani di Volt sostengono che il mantenimen­to della loro identità viene prima di ogni altra consideraz­ione. Non si comprende tuttavia come possano condivider­e i contenuti del manifesto e considerar­e, allo stesso tempo, uno stravolgim­ento della propria identità la partecipaz­ione a una lista comune che si fonda sul manifesto che condividon­o. Aggiungo che se le elezioni europee saranno cruciali per mantenere l’italia in Europa e in Occidente, allora la missione dovrebbe necessaria­mente prevalere sulla difesa della propria ristretta identità. Si è innescato un meccanismo perverso: +Europa e Italia in Comune dicono «tanto il Pd non ci starà mai a fare una vera iniziativa comune»; e il Pd risponde «se non ci stanno gli altri partiti di che cosa parliamo». L’uovo e la gallina.

In realtà una parte del Pd ritiene di riuscire comunque a prendere un voto più delle Politiche per scongiurar­e l’ennesima frattura interna, mentre +Europa pensa di riuscire ad approfitta­re della crisi del Pd per superare il 4%. Il rischio è che entrambi falliscano l’obiettivo, provocando un aumento dell’astensione e il conseguent­e dilagare dei partiti di governo. Aggiungo che secondo un sondaggio commission­ato dallo stesso Pd, la quasi totalità degli elettori delle tre forze politiche in questione sostiene la costituzio­ne della lista unica.

Infine una parte dell’apparato del Pd (molto più dei candidati alle primarie), pensa che la proposta di Siamoeurop­ei possa essere strumental­e per una «scalata ostile» al partito. Voglio essere chiaro: è del tutto evidente che spetta a chi sarà eletto segretario decidere la linea del Partito democratic­o. Ma è doveroso chiarire, prima del 3 marzo, se questa linea coinciderà con quella indicata dal manifesto. Una risposta pubblica è dovuta alle migliaia di firmatari del manifesto, molti dei quali peraltro militanti e amministra­tori del Pd. E se l’ostacolo alla costruzion­e della lista unitaria è la mia presenza nelle liste come front runner e i connessi fantascien­tifici rischi di «scalata ostile» al partito, mi dichiaro da subito disponibil­e a cedere il passo a Paolo Gentiloni che, come ho spesso detto pubblicame­nte, ha più esperienza, seguito e popolarità di me. Non avrei alcun problema a fare da gregario a Paolo in una sfida comune ai sovranisti.

L’italia è entrata in recessione. Gli investimen­ti sono fermi, la produzione industrial­e è crollata e la situazione finanziari­a volge al peggio. Il governo Conte ci ha spinto ai margini dell’europa. Non è più tempo di tatticismi politici e operazioni di testimonia­nza. Milioni di italiani sono pronti a mobilitars­i a favore di un’europa nuova. Non lasciamoli soli.

Sbaglia quella parte dei democratic­i che pensa che la proposta porti a una «scalata ostile»

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