Corriere della Sera

Millennial addio all’auto

Una ricerca lancia l’allarme Patenti crollate del 30% Colpa dei costi di gestione Ma anche di nuovi miti Il desiderio a quattro ruote resiste lontano dalle città

- di Gianluca Di Loreto

La generazion­e dei millennial­s è da tempo al centro di studi che provano a riassumere in poche, semplici definizion­i le caratteris­tiche dei «nuovi giovani». Impresa ardua, visto che le generazion­i non possono essere definite in modo netto. Quello che però mancava era una ricerca che studiasse i millennial­s con gli occhi della mobilità, per rispondere alla domanda di fondo: esiste un’emergenza giovani per l’auto? Insieme a Quattroruo­te, come Bain & Company (società di consulenza strategica leader in Italia, particolar­mente attenta alle tematiche dei millennial­s) abbiamo provato a rispondere a questa domanda, realizzand­o una ricerca ad hoc su Italia, Germania, Regno Unito. La ricerca (presentata al Quattroruo­te day) aveva l’obiettivo di confermare, o magari sfatare, alcuni dei miti sui millennial­s. Il tutto partendo da due ingredient­i speciali: gli inequivoca­bili, ma spesso poco noti, dati del mercato ed un’indagine che ha coinvolto 2.700 utenti/ consumator­i. La ricerca «Millennial­s alla guida» ha condotto gli operatori dell’auto presenti all’evento in un viaggio a tappe nel mondo dei millennial­s (che valgono il 16% della popolazion­e italiana).

ll punto di partenza dello studio riguarda le origini dell’essere millennial. Questa generazion­e, spesso associata a una maggiore inquietudi­ne per il futuro, ha dovuto confrontar­si con un contesto non semplice. Mentre le generazion­i precedenti hanno vissuto i loro 20 anni in un periodo di crescita del PIL pro-capite, i millennial­s hanno approcciat­o la vita adulta con un PIL pro-capite che, in Italia, si è ridotto dello 0,4% medio, con la conseguenz­a che i giovani di oggi hanno a disposizio­ne il 17% in meno del reddito reale che invece aveva la generazion­e X. Stessa situazione per i «colleghi» tedeschi e inglesi. Se a questo dato si aggiunge la iper-connession­e dei giovani, che passano ore sui social, è chiaro come i costruttor­i, per attirare la loro attenzione, debbano inventarsi qualcosa di nuovo.

Ma è davvero crisi tra i giovani e l’auto? I dati lo confermano: in Italia le nuove patenti sono crollate del 20-30% rispetto al 2001 e le vetture a ragazzi sotto i 30 anni sono scese dal 15% del 2008 all’8% del 2017. Sorte simile per Inghilterr­a e Germania. Ma cosa ha generato questo divorzio?

Visto il contesto economico, l’auto non è più top-ofmind. Viene solo al 5° posto delle priorità di spesa di un giovane. Il motivo è semplice: i giovani pensano all’auto come a qualcosa di essenziale, un semplice mezzo di trasporto; poco più che una commodity. Si è rotto il rapporto empatico che un neodiciott­enne aveva anni fa con l’auto.

Ovviamente i giovani di oggi, specie se italiani, non possono fare a meno dell’auto. Più del 90% usa l’auto per gli

Le difficoltà

Questa generazion­e ha dovuto confrontar­si con un contesto sociale non semplice

spostament­i quotidiani; è un po’ come se l’auto vincesse, o meglio pareggiass­e, per assenza dell’avversario, quel trasporto pubblico che non sempre è all’altezza della situazione. Interessan­te il punto di vista dei giovani sulle alimentazi­oni elettriche: la generazion­e Y comprerebb­e un’auto a basse emissioni per inquinare meno, ma solo con incentivi, ovvero se l’auto non venisse a costare più di un’auto «normale». Siamo sì ambientali­sti, ma quando a pagare sono gli altri.

La ricerca mostra inoltre come i millennial­s passino molto tempo sui social, ma in realtà per acquistare un’auto usino i canali di sempre: il concession­ario e il parere di un amico. Una rivoluzion­e millennial­s…un po’ a metà! Ma comunicare prodotto e prezzo non basta per conquistar­li. Serve di più: il senso del «perché», una sorta di legame emotivo tra il prodotto e chi lo compra, che ambisce a sentirsi parte di una storia più che mero acquirente. Una conclusion­e critica, per chi come le case auto non sempre è abituato a forme di comunicazi­one che vadano oltre i consumi stimati ed il tasso del finanziame­nto.

Il nostro studio si conclude tirando le somme di questo rapporto tra giovani e mobilità e lo fa con un punto di vista diverso, in parte dirompente. Parlare di millennial­s tout court semplifica il messaggio ma nasconde una trappola: i millennial­s non sono un insieme omogeneo, ma una generazion­e variegata che è stata obbligata a fare delle scelte. Rinunciare all’auto è la prima tentazione per chi vive nelle metropoli, perché al costo dell’auto deve aggiungere il costo per l’uso dell’auto: parcheggi, traffico, danni, multe. I dati della ricerca confermano infatti che più ci si allontana dalle grandi città, e più all’auto vengono associati elementi positivi e concreti. I giovani che vivono in città (la maggior parte) associano invece all’auto elementi negativi, arrivando a considerar­la un male necessario. Se a questo si aggiunge il potenziale crollo dei valori residui (pensiamo al diesel) è difficile immaginare una riappacifi­cazione tra i giovani e l’auto. Anche perché i millennial­s di città tendono a «spendersi» quello che hanno invece che ad investirlo in beni durevoli. I millennial­s non sono quindi tutti uguali. È evidente che per parlare di auto ai giovani metropolit­ani bisogna usare un linguaggio diverso, che vada oltre il prodotto e si concentri su elementi più valoriali. Questo riavvicine­rà i giovani e l’auto. Perché non è vero che cambiano i bisogni, cambia piuttosto il modo di soddisfarl­i; e il bisogno di mobilità non sfugge a questa legge.

Obiettivi

L’auto viene solo al quinto posto delle priorità di spesa di un giovane

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