Trump, le parole di Stoltenberg e la verità sulla «Nato americana»
Sappiamo che il norvegese Jens Stoltenberg è segretario generale della Nato dal 2014 e che nella sua precedente carriera politica, quando era leader del Partito laburista del suo Paese, ha presieduto due governi. Era primo ministro durante il suo secondo mandato quando un pericoloso folle, Anders Breivik, ammiratore del regime nazista, organizzò due operazioni terroristiche, a Oslo e nell’isola di Utova, provocando la morte di 77 persone. Fu una tragedia nazionale che la Norvegia visse allora dando prova di grande equilibrio e dignità.
Come segretario generale di una alleanza politico-militare nata negli anni della Guerra fredda,
Stoltenberg ne ha sempre difeso l’esistenza. I suoi argomenti non mi convincevano e temevo che l’allargamento della organizzazione agli ex satelliti della Unione Sovietica avrebbe peggiorato inutilmente i nostri rapporti con la Russia. Ma ho ammirato il modo in cui ha difeso la sua creatura contro un presidente degli Stati Uniti che detesta tutte le organizzazioni multilaterali e sembra deciso a incepparne il funzionamento. Donald Trump lo ha fatto anche negli scorsi giorni, quando ha annunciato il ritiro di 9.000 soldati americani che sono di stanza in Germania nel quadro della Nato. È una decisione che non ha alcuna motivazione strategica. È stata presa nella speranza che il «ritorno dei ragazzi a casa» gli garantisca qualche voto in più durante le elezioni presidenziali del prossimo novembre. Come in altre occasioni Stoltenberg ha difeso la sua creatura. Ma lo ha fatto in questo caso con argomenti che mi sono parsi, in bocca al segretario generale, sorprendenti.
Ha detto che gli Stati Uniti dovrebbero restare in Europa perché la presenza nel nostro continente giova alla loro politica estera. Le basi della Nato sono servite a molte delle loro operazioni militari in altri continenti e la sede del loro comando per l’africa è a Francoforte. Sono osservazioni che anch’io ho fatto in altre circostanze, ma le parole di un commentatore non sono quelle di un segretario generale. Dall’alto della sua carica Stoltenberg ci ha implicitamente detto che nelle guerre combattute dagli Stati Uniti nel Medio Oriente e in Afghanistan siamo stati tutti alleati di Washington anche quando non nascondevamo perplessità e riserve. E ha dato l’impressione di pensare che l’uso americano della Alleanza dovrebbe convincere Washington a non ridurre la propria presenza in Europa. In altre parole dovremmo continuare a essere gli alleati degli Stati Uniti nelle loro operazioni militari.
Questo non può essere un punto di vista europeo. La migliore delle risposte possibili alle parole di Stoltenberg sarebbe la formazione di una divisione europea composta da almeno 9.000 unità. Basterebbe a evitare l’ironica domanda di Stalin quando chiese di quante divisioni disponesse il Papa.