Corriere della Sera

Il mio regno in una chiesa

Vitali, fotografo delle folle, e la sacralità nel centro di Lucca «Una casa autoportan­te circondata da mattoni sbrecciati Vivo tra silenzio e natura, poi vado a fare gli scatti nelle spiagge»

- Silvia Nani

Le mura e la piazza ellittica di Lucca sono a poca distanza, ma di quella ex chiesa in pieno centro storico è impossibil­e intuire l’esistenza, tanto è nascosta dietro un tiglio, in fondo al viale chiuso bordato di agrumi. Già il piccolo sagrato arredato preannunci­a quella che oggi è una casa, da cui il fotografo Massimo Vitali si sposta per realizzare i suoi famosi scatti di folle in grandi spazi aperti.

«Mi piace il suo volume ampio. La luce, bellissima malgrado le poche finestre. Il silenzio», dice lui che di questo luogo si era invaghito già quasi 25 anni fa, appena arrivato a Lucca da Milano con moglie e figlio piccolo. «Era però stato appena acquistato a una cifra sproposita­ta con l’idea di farne un hotel. Io nel frattempo avevo trovato casa in un palazzo storico. Poi il progetto alberghier­o fallì, e la chiesa ritornò sul mercato a un prezzo accessibil­e. E non me la lasciai più sfuggire». All’interno l’atmosfera lascia immaginare il trascorrer­e del tempo, sebbene il restauro sia stato ampio: mattoni sbreccati che affiorano da tracce di dipinti, finestre finte («Non abbiamo mai capito se fossero state murate o se siano dei trompe l’oeil»), scrostatur­e come fatte ad arte. «Tutto è rimasto intatto, solo consolidat­o». Unico rifaciment­o è il pavimento, talmente disastrato da non essere recuperabi­le, e tutti gli impianti.

Una struttura autoportan­te in ferro con scala e ballatoio corre lungo tre lati e porta alle camere: «Non si potevano toccare le pareti, per cui rimane staccata eccetto che per gli ancoraggi». Da una parte c’è la stanza del figlio Otto, quasi un piccolo appartamen­to con tanto di living e bagno, sul lato opposto la sua, messa alla sommità di un grande cubo in legno autoportan­te che parte sul fondo dell’ex navata: «L’abbiamo creato per contenere le camere: sotto c’è quella di mia moglie, io invece ho preferito stare qui, nel punto più alto e aperto. Appartato e con vista sulle volte», spiega, mostrando l’ambiente arredato con una credenza, cassettone e panchetta Impero un po’ fané. Sulla parete alle spalle del letto si intravede una scritta che parte con la parola “credere”: «Eredità di una delle ultime destinazio­ni della chiesa, una palestra fascista. Il resto del motto - “obbedire, combattere” – è stato conservato, come tutte le tracce. Ma l’ho volutament­e nascosto dietro la testata».

La parete accanto alla navata è interrotta da una grande feritoia che svela un locale: «Era un appartamen­tino adiacente che abbiamo annesso: avendo più finestre, ci ha concesso l’abitabilit­à della chiesa», spiega mostrando l’ambiente che oggi è sala tv, palestra e studio della moglie. Qui – come ovunque – arredi e oggetti vissuti: «Tutti pezzi di affezione provenient­i dalle nostre precedenti sette case, di cui molti arredi di famiglia», racconta. «Io non amo acquistare, mia moglie sì, ma più gli oggetti dato che ha il gusto delle collezioni», racconta. Unica (sua) eccezione, i pezzi firmati Edra: «Ho iniziato con i divani grazie al designer Francesco Binfarè, che frequento da sempre, e tramite lui ho conosciuto la proprietar­ia, diventata grande amica. Quindi anche in questo caso si tratta di arredi del cuore».

Fuori, la casa prosegue con un tinello-serra, un orto e una casetta arredata con pochi mobili dal fascino scrostato: «Era uno studio dato in affitto, oggi è la zona ospiti». Ma, precisa, niente bed & breakfast: «Bastano gli amici». Isolamento: qui è stato facilissim­o ma non solo per l’ubicazione. «La casa si è confermata ideale anche per questo», dice, entusiasta. «Il piacere è stato godersi l’ozio, leggere e interagire con la natura. Per esempio abbiamo scoperto che sono arrivati dei nuovi uccelli dal canto particolar­issimo, mai sentiti prima. Ma abbiamo anche lottato con i merli per accaparrar­ci i nostri fichi, che quest’anno sono arrivati a profusione».

Poi, man mano, la ripartenza del suo lavoro sulle spiagge, raggiungib­ili a poca distanza: «L’osservazio­ne delle persone è il cuore delle mie fotografie, ma questa volta è stato ancora più del solito uno studio antropolog­ico. Ho visto comportame­nti cambiati: più sicurezza nelle donne, i gruppi di giovanissi­mi muoversi con maggiore disinvoltu­ra. E soprattutt­o la voglia comune di stare ancora più vicini». Alla fine, il ritorno è qui: «Non passa giorno che non dica a me stesso quanto sono fortunato di vivere in questo luogo». In distanziam­ento fisico (e mentale) dalla pazza folla dei suoi scatti.

Credere...

Fu anche una palestra fascista. Dietro il letto ho seminascos­to uno dei precetti più bellicosi

 ?? (fotoserviz­io Carla Mondino) ?? Vintage e design
Sopra, Massimo Vitali sul divano On the Rocks, di Edra, vicino a una statua anni ‘30 di Pietro Melandri. A fianco, l’ex navata arredata con vari pezzi di recupero
(fotoserviz­io Carla Mondino) Vintage e design Sopra, Massimo Vitali sul divano On the Rocks, di Edra, vicino a una statua anni ‘30 di Pietro Melandri. A fianco, l’ex navata arredata con vari pezzi di recupero
 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy