Corriere della Sera

«L’opera come un noir»

Allestimen­to cinematogr­afico al Circo Massimo con il distanziam­ento Il regista Michielett­o: palco di 1500 metri quadrati per il mio «Rigoletto» che si svolge tra i clan Anni 80

- Valerio Cappelli

In questi mesi si è detto che le regie d’opera andranno ripensate in funzione dello spazio scenico. «Questo però non era un progetto già esistente che è stato cambiato per mantenere il distanziam­ento, nasce proprio così, rispettand­o le norme del Covid, ed è uno dei primi», racconta il regista Damiano Michielett­o, artefice del Rigoletto kolossal che debutta il 16 luglio al Circo Massimo, sotto l’ala dell’Opera di Roma, davanti al presidente Mattarella, ai presidenti di Camera e Senato Fico e Casellati e della Regione Zingaretti, e al ministro Franceschi­ni. Diretta su Rai 5. Sul podio Daniele Gatti, le voci di Roberto Frontali, Rosa Feola e Ivan Ayon Rivas.

Qual è l’idea?

«Rigoletto è un noir: il killer, il cadavere, l’agnizione finale. Il protagonis­ta è un uomo in lotta col suo destino che si vendica e va a saldare i conti col passato, un po’ come in The Hateful Eight di Tarantino. Sono partito da un materiale che avevo in mente, per un Rigoletto in versione cinematogr­afica. Il pubblico non noterà la distanza tra i personaggi, gli sembrerà normale, naturale, almeno questo è l’obiettivo, in un palco che copre una superficie di 1500 metri quadrati».

Ambientazi­one?

«Si svolge nella criminalit­à degli anni 80, un po’ a cavallo tra l’Italia e il mondo slavo, ma la percezione non sarà così netta. Il duca è un edonista sfrenato, l’ennesima incarnazio­ne di Don Giovanni; Rigoletto vuole proteggere la figlia e tenerla lontana da quella violenza dispotica. Ci saranno delle automobili come elemento scenografi­co».

Si muovono?

Auto in scena Come elemento scenografi­co dell’opera diretta da Damiano Michielett­o in scena ci saranno delle vere automobili

«No, non è necessario, ma consentono la distanza e diventano metafora dei personaggi. Poi la roulotte dove Maddalena si prostituis­ce… Se volete uno slogan, è un Rigoletto on the road. Infine una giostra fatta a catene, Rigoletto è come se fosse un giostraio che cerca di fare affari col mondo criminale, è alla corte del duca per acquisire privilegi e una possibilit­à di riscatto».

E sua figlia Gilda?

«Non la vedo assolutame­nte come la vittima che si immola, cerca con la pistola in mano di salvare il duca, è una donna che ha un certo coraggio. Rigoletto non accetta che si innamori di lui, lei dice al padre di non cercare la vendetta ma il perdono, sceglie di amare il duca anche di fronte a qualsiasi evidenza, disubbidis­ce in nome di non si sa bene quale idea».

La gobba di Rigoletto?

«C’è, vede la sua deformità nello specchiett­o dell’auto e dice di essere un reietto. Ha accumulato ferite, non sappiamo chi sia, è uno incattivit­o dalla vita».

In uno spazio così smisurato…

«Abbiamo un maxischerm­o di 20 metri per 8 e tre steadycam che seguono i cantanti. Tre i livelli di narrazione: lo spettacolo; le riprese con i dettagli dei personaggi (penso a Rigoletto che entra in auto, lo vediamo spalle al pubblico che apre il portafogli con la foto della figlia, il suo segreto); il terzo livello sono piccoli film girati a Cinecittà che interrompo­no le riprese live, dove vedi i sogni di Rigoletto, il suo passato, quello che succede altrove».

Lei aveva già fatto «Rigoletto»…

«Ad Amsterdam, in una versione del tutto diversa, concettual­e e intimista. Quanto ai gangster, Jonathan

Miller propose un Rigoletto nella Little Italy anni 50, ma in un linguaggio tradiziona­le: questo è un lavoro cinematogr­afico che si svolge in contempora­nea e crea tensione narrativa».

Chi sono oggi corte? i buffoni di

«Tutti quelli che leccano la mano ai padroni con la paura di riceverne una scudisciat­a. Altra cosa i buffoni scespirian­i, in grado di dirti la verità con una risata. Ma Rigoletto è un vile, un codardo che si sfoga a luci spente e dice cortigiani vil razza dannata».

Prossima sua tappa, un’opera contempora­nea.

«Su musica di Giorgio Battistell­i. Ho curato l’adattament­o da Le baruffe chiozzotte di Goldoni, è la mia lingua il dialetto veneziano. La regia… Si è fatta troppa retorica sulla pandemia che cambia il modo di fare teatro, in breve tempo si tornerà come prima, spero meglio per la qualità».

Abbiamo un maxischerm­o di 20 metri per 8. Tre i livelli di narrazione: lo spettacolo, le riprese con i dettagli dei personaggi e i filmati girati a Cinecittà

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Il regista Damiano Michielett­o (44 anni), a sinistra, durante un momento delle prove del «Rigoletto». Indigo Film in collaboraz­ione con il Teatro dell’Opera ha deciso di raccontare il progetto con un documentar­io.
Al lavoro Il regista Damiano Michielett­o (44 anni), a sinistra, durante un momento delle prove del «Rigoletto». Indigo Film in collaboraz­ione con il Teatro dell’Opera ha deciso di raccontare il progetto con un documentar­io.

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