I parlamentari positivi arrivano a quota 20 Alla Camera voti sospesi per tutta la settimana
Crescono i favorevoli ai lavori da remoto
Positivi al Covid 19. Cinque deputati in un giorno solo: Francesca Ermellino (ex M5S), Federica Zanella e Diego Sozzani (FI), Eugenio Zoffili (Lega) e l’ex ministro Maurizio Lupi («maledetta quella riunione dei capigruppo»). Giusto 24 ore prima era toccato ai capigruppo di M5S Davide Crippa, di FI Mariastella Gelmini e di FdI Francesco Lollobrigida. Ormai, i casi conclamati sono diventati 17 alla Camera e 3 al Senato.
Per ragioni di sicurezza e anche, o soprattutto, per evitare di bloccare l’attività del Parlamento (la prossima settimana a Montecitorio è sospeso il voto su tutti i provvedimenti, e non solo quello sulla legge Zan sull’omofobia come avrebbe voluto il centrodestra) sta crescendo la richiesta di fare ricorso al voto da remoto. Una sorta di smart working su misura per deputati e senatori. Il pd Stefano Ceccanti ha steso una proposta di modifica del regolamento della Camera per consentire questa possibilità ed ha già raccolto a suo sostegno 114 firme. Nei prossimi giorni la conferenza dei capigruppo di Montecitorio si riunirà per valutare come muoversi.
Di fronte, va detto, c’è un ostacolo non indifferente. È l’articolo 64 della Costituzione: «Le deliberazioni di ciascuna Camera e del Parlamento
in seduta comune non sono valide se non è presente la maggioranza dei loro componenti…». Una norma per situazioni particolari (le sedute comuni) ma che prescrive la presenza dei parlamentari. La disputa tra i costituzionalisti è già molto accesa. Ma in attesa che si trovi una soluzione, se mai ci sarà, conviene andare a vedere cosa succede in Europa e nel mondo. Qualche esempio interessante, anche non lontanissimo da casa nostra, c’è.
Al Parlamento europeo, per esempio, dal 20 marzo è stato dato il via libera al voto a distanza. Nella sessione plenaria straordinaria del 26 marzo, a Bruxelles, sono stati 687 i membri del Parlamento europeo (su 705) che hanno votato a distanza per la prima volta. In quell’occasione sono state approvate 3 proposte urgenti che contenevano la risposta dell’Ue all’emergenza Covid19. Ma anche negli Stati Uniti si è dovuto prendere atto dell’eccezionalità della situazione.
Il 20 maggio il presidente della Camera dei rappresentanti, Nancy Pelosi, ha autorizzato formalmente per un periodo di 45 giorni la possibilità per i membri di esprimere il proprio voto a distanza.
In Europa la regola del voto in presenza è stata superata in diversi casi. In Inghilterra il 12 maggio la Camera dei comuni ha votato per la prima volta da remoto. Un’apertura sui lavori da remoto era già stata fatta a metà aprile e aveva portato al primo question time in videoconferenza. E in Spagna, come ha avuto modo di ricordare sul Blog delle Stelle il presidente della commissione Affari costituzionali Giuseppe Brescia (M5S), «dal 12 marzo è ammesso il voto telematico a carattere generale, già previsto in alcuni limitati casi sin dal 2011. Questo tipo di voto è utilizzato solo per deliberazioni di carattere alternativo (sì/no) per la convalida dei decreti-legge pendenti e per l’autorizzazione dello stato di allarme proclamato dal governo».
Quella maledetta capigruppo! Tutto è iniziato con Lollobrigida Io siedo accanto a lui e poi c’è la Gelmini: tutti e tre positivi Maurizio Lupi Noi con l’Italia