Il bollino Disney e l’errore di condannare il passato
Il lungo avviso antirazzista posto dalla Disney ad alcuni vecchi film parla di «stereotipi sbagliati quando sono stati messi in scena così come lo sono ora». Naturalmente la presa di distanza rispetto ai tratti discriminatori del passato può essere a prima vista — ma solo a prima vista — moralmente apprezzabile. È persino ovvio che, per una ragione o per l’altra, il bollino sarebbe da mettere su tutti i grandi capolavori dei decenni e dei secoli scorsi, semplicemente perché allora i valori e la cultura erano altri. Ma è la stessa dimensione storica in cui viviamo a rendere pleonastico ogni bollino, come una inutile foglia di fico. Leggendo Biancaneve, dobbiamo avvertire i nostri figli che non è una buona pratica strappare il cuore ai cerbiatti e anche ai cinghiali? Così, se guardiamo la Santa Lucia di Caravaggio, dovremmo ricordare loro che non si martirizzano le donne (e neanche gli uomini)? Ci toccherebbe anche, per estrema correttezza, ricordare ai nostri pargoli che stiamo guardando il capolavoro di un assassino latitante? Ogni volta bisognerebbe stare a fare le pulci ai nostri antenati? E prenderne le distanze? Che bisogno c’è? Se studiamo la storia e la letteratura è proprio per acquisire il senso della distanza e dell’alterità. Se avessimo abbastanza fiducia nella cultura, non ci sarebbe nessun bisogno di bollini rossi. Ogni avvertenza ulteriore sarebbe superflua. Inoltre, anche la formula «stereotipi sbagliati» è pleonastica, visto che non c’è stereotipo giusto. Ieri come oggi: la condanna del passato come tempo «sbagliato» è essa stessa il risultato di uno stereotipo (e come tale sbagliato). Bisognerebbe inventarsi un bollino che segnali l’ottusità dell’ipocrisia.