Corriere della Sera

COVID, CREDEVAMO DI ESSERE I PIÙ BRAVI E CI SIAMO RICADUTI

- di Federico Fubini

Perché ci siamo ricaduti? A un certo punto, quando questa emergenza sarà passata, varrà forse la pena di fermarsi a considerar­e anche come essa abbia messo in evidenza gli angoli ciechi della mente umana. La nostra incapacità di vedere ciò che si sta avvicinand­o. Anche quando uno sguardo minimament­e razionale lo farebbe capire. Anche quando l’esperienza dovrebbe non lasciarci molti dubbi.

Invece come italiani ci siamo quasi tutti — governo incluso —– fatti prendere di sorpresa un’altra volta dalla dinamica esponenzia­le dei contagi registrati. Abbiamo commesso l’errore che era diffuso nel resto d’Europa nel marzo scorso, lo stesso dal quale proprio noi mettevamo in guardia i Paesi a noi vicini. «Non pensate che il virus morda meno da voi perché lo state gestendo sostanzial­mente meglio di noi – dicevamo in sostanza –. State in guardia, perché siete solo di una decina di giorni più indietro di noi nella propagazio­ne». L’Italia allora non fu creduta subito. Molti tacitament­e pensarono che noi eravamo travolti perché stavamo sbagliando qualcosa più di qualunque altro Paese. Si iniziò a cambiare idea quando il 18 marzo la Francia superò i 1.400 contagi ufficiali in ventiquatt­r’ore, una soglia che l’Italia aveva passato dieci giorni prima. Solo allora – troppo tardi – ovunque in Europa si capì che l’Italia era sempliceme­nte più avanti sulla stessa onda che stava investendo tutti.

Questa esperienza avrebbe dovuto aiutarci. Eppure noi italiani in estate siamo caduti né più né meno nell’illusione che in primavera leggevamo chiarament­e negli altri. Ci siamo convinti di essere più bravi. Pensavamo di saper gestire con padronanza – noi più di tanti – un contagio le cui dinamiche nessuno capisce del tutto. Ci siamo compiaciut­i. Abbiamo creduto ai compliment­i dell’Organizzaz­ione mondiale della sanità, che il 25 settembre ha dedicato alla risposta italiana un video celebrativ­o o al

Financial Times che in quei giorni spiegava come la «dura lezione» del nostro Paese «aiuta a tenere sotto controllo l’epidemia». E ci stupivamo dei contagi in Francia o in Spagna, come quei due Paesi vicini e simili a noi facessero errori impensabil­i in Italia. Non era così. Sempliceme­nte, stavolta erano loro più avanti e noi più indietro. La Spagna passa il 10 luglio la soglia dei mille contagi che l’Italia passa il 26 agosto. La Francia il 30 luglio passa la soglia dei 1.300 che l’Italia passa il 30 agosto. Quel giorno la Spagna è a quota diecimila e noi ci siamo adesso. Questa storia dovrebbe insegnare a tutti – governo e popolazion­e – che il coraggio e l’umiltà sono la stessa cosa.

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