Migranti, opportunità o sanzioni: un serbatoio carico di sospetti
Sull’edizioni di ieri del Corriere dell’Alto Adige, per cause tecniche, è uscito un doppione dell’editoriale a firma di Gabriele Di Luca. Per ovviare allo spiacevole inconveniente, pubblichiamo oggi l’intera riflessione. Ci scusiamo con i lettori.
Apartire dal 2019 la Provincia di Bolzano vincolerà le prestazioni sociali non essenziali — si tratta per esempio dell’assegno familiare o del sussidio casa — alla volontà di integrazione dei migranti. In pratica ciò che prima poteva apparire come automatico, rientrando così nell’attribuzione di un diritto rivendicabile da qualsiasi cittadino autoctono o straniero, adesso assume la fisionomia di un premio, di un favore elargito in cambio di qualcosa. Nel dettaglio, i criteri per accedere a tali prestazioni saranno l’apprendimento di almeno una delle due lingue maggiori che si parlano in Alto Adige (il ladino non viene mai preso in considerazione), la frequentazione di corsi di integrazione e il rispetto dell’obbligo scolastico. C’era proprio bisogno adesso di dare questa stretta, di rendere quindi l’accesso alle prestazioni sociali supplementari più difficoltoso da parte dei cittadini stranieri? Non ci sono dubbi che la conoscenza della lingua e l’obbligo scolastico siano presupposti indispensabili al processo di proficua integrazione (e nel caso del secondo la legislazione vigente non ha certo bisogno di essere sottolineata con provvedimenti selettivi), ma sul nostro territorio già vivono e lavorano moltissime persone in grado di farsi capire sia in italiano sia in tedesco, i cui figli siedono nei banchi scolastici stupendo spesso gli insegnanti per la velocità dei loro progressi, e che della nostra storia e cultura ne sanno almeno abbastanza da potersi orientare. Certo, ci sono anche delle eccezioni, dei ritardi o inibizioni, ed è opportuno che vengano ridotti. Ma non con un provvedimento che — almeno stando alla sua enunciazione generica — impone una verifica in molti casi superflua e in fin dei conti discriminante.
A tali considerazioni se ne aggiunge poi un’altra, illuminata dal contesto nel quale la delibera ha preso forma. Tra poco più di un mese, infatti, la popolazione parteciperà alle elezioni provinciali, e il tema dell’integrazione è uno dei più caldi. Nella nostra provincia i residenti stranieri sono circa il 9% della popolazione totale, percentuale leggermente superiore a quella registrata a livello nazionale, ma il loro inserimento nel tessuto economico e sociale è più che confortante. Persiste tuttavia una specie di serbatoio fatto di pregiudizi e scetticismo, sfiducia preventiva e persino sospetto sistematico quando parliamo dei migranti, e da questo serbatoio sono pochissimi i partiti politici che, purtroppo, rinunciano a trarre spunti utili al suo prosciugamento. L’accento che viene posto è invece sempre sul tasto negativo, la sensibilità per gli aspetti problematici ottunde ciò che potrebbe essere percepito come incoraggiante e i meccanismi sanzionatori vengono fatto scattare anche dove potremmo puntare su un semplice allargamento dell’offerta concernente le opportunità. Se le elezioni si tenessero ogni tre anni, anziché ogni cinque, è probabile che i processi d’integrazione subirebbero un significativo rallentamento.