La favola distopica di Paolini dentro agli occhi di un bambino
LO SPETTACOLO Nella narrazione seducente, l’attore rivela una felice maturità
Lo realizzi alla fine: quello strano raggio di luce che dal buio arriva su un basso altarino di pietre bianche, con qualche pulviscolo che sale e scende, è lui, Numero Primo.
Ma, detto questo, chi sia questo misterioso bambino venuto dal futuro non lo capisci veramente. In un mondo di plastica e di droni dalla forma di gabbiani sempre in agguato, situato solo tra 5.000 giorni nel ricco Nord Est, dove tra snodi stradali e fabbriche rigenerate ancora giace quella Disneyland che chiamano Venezia, trasformata in una specie di Palaghiaccio per ammortizzare le invenzioni dei cantieri chimici di Porto Marghera riciclati in fabbriche di nevi artificiali, l’unico dato incontrovertibile è che Numero Primo è un bambino. Forse «una specie» di bambino, simile però in tutto a un cucciolo della razza umana, con le sue curiosità, le sue ingenuità, le sue alzate di capo, le sue convinzioni inconfutabili, il suo stupore travolgente. Capita tra capo e collo nella vita squinternata di un fotografo d’inchiesta che conserva la Pentax, rigorosamente analogica, in frigorifero e che guida una station wagon che diresti un deposito di oggetti abbandonati.
Le avventure di Numero Primo, l’ultimo spettacolo di Marco Paolini, è come sempre una narrazione con musiche, questa volta meccanima che, firmate da Stefano Nanni, con alcuni magici inserti del violoncello di Mario Brunello. I ritmi del racconto sono distesi, suadenti, a descrivere un mondo futuro incombente, in cui l’ingegneria biologica sta trasformando l’ambiente e l’uomo stesso, e poche sono ormai le sacche di resistenza (il testo è scritto con uno dei più lucidi esponenti della galassia «verde», Gianfranco Bettin).
È una favola distopica, che si conserva momenti di incanto, di umorismo, di speranza. Paolini rivela una felice maturità, spogliata della voglia di predicare, di dire vispiego-tutto-io, che a volte rende la sua bravura fredda, spigolosa. Qui è seduttore e sedotto, incantato dal mistero del rapporto con un bambino, forse mutante, forse prodotto in laboratorio, ma con tutte le meraviglie di un travolgente piccolo che scopre il mondo, costringendo l’adulto a riguardarlo anche lui. L’acquisto indispensabile di una capra di compagnia, per quanto ordinata su Amazon e stampata in 3D, il viaggio nel confusionario appartamento di città dove pure tutto «è bello!», la scoperta dei monti con fughe, disastri, avventure incalzanti, l’incontro con la scuola i pidocchi i pregiudizi, le avventure con l’amico giostraio, le minacce misteriose e le fughe rendono lo spettacolo appassionante. Con un finale un po’ confuso o deludente, come spesso avviene però nella fantascienza. O forse semplicemente aperto, per consentire un sequel.