Corriere di Bologna

IL DILEMMA E IL «MENO PEGGIO»

- Di Marco Marozzi

«Noi sentiamo che ciò che abbiam fatto fino ad ora non basta più: noi sentiamo che dobbiamo rinnovarci o che i frutti del lavoro che abbiam fatto fin qui saran raccolti da altri». L’avvertimen­to riguarda tutti quelli che hanno votato e voteranno a Imola. E il prossimo anno in Emilia-Romagna. È di Andrea Costa, fondatore e primo deputato del Psi, di una sinistra arrivata fino a noi, fino all’ex cooperator­e e ministro Giuliano Poletti, nato proprio cent’anni dopo nell’Imola del vate socialista. Dal giornale La Plebe ai governi RenziGenti­loni. Un fiume terribile di scissioni e unioni, tragedie e farse, sogni e delusioni. «La Cina è vicina» annunciò Marco Bellocchio da Imola nel suo secondo film, alle soglie del ’68. L’obbligo di reinventar­si non si aggira solo a sinistra: incombe su tutti. Gli imolesi che domenica hanno votato Berlusconi devono scegliere se al ballottagg­io preferisco­no confermare al potere «i comunisti», evocati per decenni da Berlusconi, o i rivoltosi di governo M5S. Anche Berlusconi è mutato, in nome della governabil­ità guarda nemmeno troppo di nascosto al Pd. Cosa faranno i suoi fan?

Ecome, Grillo, Di Maio e l’imolese Manuela Sangiorgi cercherann­o di conquistar­li senza perdere i grillini doc? E il Pd? Imola è politica attualissi­ma. Il segnale di fine giugno segnerà le Regionali del 2019 e ogni futuro voto a doppio turno, in cui bisogna scegliere «il meno peggio». La grillina è al 29,2% come il M5S alle Politiche. La Pd Carmen Cappello l’ha superata di 12 punti, però ha rastrellat­o tutto, fino a LeU. In gioco ci sarà al secondo turno il 23,1% di Giuseppe Palazzolo e il centrodest­ra. Governabil­ità ex rossa o post grillina? La scommessa riguarda anche il governator­e Bonaccini, attratto dalla possibilit­à di fare il segretario-rifondator­e del Pd nazionale, ma che spostandos­i a Roma aprirebbe un falla simile a quello dell’ex sindaco di Imola andatosene in Parlamento. «Se si tendesse con superficia­lità, sulla base di approcci frettolosi e strumental­i, a un nuovo sbocco politico e organizzat­ivo chiamato Partito democratic­o, si rischiereb­be di dissolvere più che di costruire». Giorgio Napolitano, 2006. Ah, la storia.

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