Corriere di Bologna

La Maturità di Efrem (e la tesi) per i medici «Qui grazie a loro»

- di Francesca Blesio

Il lieto fine può trovarsi anche tra le pagine di una tesina per la maturità. È successo al Sant’Orsola dove sono arrivate alcune copie di Tra il pianto, «opera» del 18enne Efrem Trevisan. La sua storia è lì dentro, mescolata alle materie del liceo che ha concluso con la media dell’8. E adesso anche sulla scrivania dei medici che in quella storia, in realtà, non hanno certo un ruolo secondario.

Come si diceva, la storia finisce bene. Ma gli inizi non sono dei più semplici. A raccontarl­i è mamma Vania: «Efrem aveva sei anni quando si è ammalato. Nella classe di mio figlio l’avevano presa tutti, la quinta malattia. Nulla di grave sulla carta. Ma a lui ha preso il cuore, e questo non capita praticamen­te mai». Capitò ad Efrem che da Latisana, dopo essere passato per Trieste, finisce a Bologna, il primo settembre del 2006. Al Sant’Orsola. Biopsia al cuore, farmaci, Efrem può tornare a casa. Ma a marzo la situazione precipita, «torniamo a Bologna e ci spiegano che l’unica soluzione è un trapianto di cuore». L’organo arriva: è di un ragazzo più grande, morto in Sardegna. «Non ci era stato detto nient’altro», continua Vania. E non immaginava­no quello che sarebbe successo dopo. «Si cerca sempre il ricevente più idoneo o più adatto, ma a volte si è costretti (come fu in quel caso) a inserire un cuore sovradimen­sionato», spiega Gabriele Bronzetti, destinatar­io assieme ai colleghi Gaetano Gargiulo e Luca Ragni delle tre copie della tesina. «Immaginate­vi di inserire il motore di una Ferrari in una 500, la pressione è diversa e qualche complicazi­one ci più essere». Purtroppo questa volta c’è ed è un ictus. «In quella tac al cervello era praticamen­te impossibil­e immaginare un domani». E invece. «Questa storia, quella di Efrem, ci insegna a non mollare mai a non dare mai nulla per perso: lo insegna a noi medici, come alle famiglie. “Ci fidiamo di voi, salvatelo”, ci dissero i genitori. Furono bravissimi, perché genitori così ti permettono di lavorare al meglio».

Giuliano, il padre di Efrem, ha due immagini ben scolpite nella memoria: «La prima è degli inizi, in ospedale a Trieste, quando mio figlio, circondato dai medici, mi implora di portarlo a casa, la rivedo ogni sera prima di chiudere gli occhi. La seconda è successiva al trapianto e all’ictus, quando l’infermiere di turno quel giorno mi dice che potevo prenderlo in braccio. Mi sono messo a piangere: l’unica parte non bucata del suo corpo erano le piante dei piedi. Ma da lì abbiamo messo il punto e siamo andati a capo. Da quando siamo tornati a casa è tutto un di più. Sono cambiati i nostri parametri: l’importante è che la famiglia stia bene, il resto non conta. Devo ringraziar­e i medici che hanno permesso di riavere Efrem e anche l’associazio­ne Piccoli grandi cuori che ci ha aiutato in quei giorni».

Qualche cicatrice c’è ancora. Ma la vita di Efrem somiglia a quella dei suoi coetanei. «Mi voglio iscrivere a Filosofia e mi piacerebbe fare il giornalist­a. La mia storia? Insegna l’importanza della donazione: può salvare tante vite, come ha salvato la mia».

” Bronzetti «Ci fidiamo di voi, salvatelo», ci dissero i genitori Furono bravissimi, perché genitori così ti permettono di lavorare al meglio

” Il ragazzo La mia storia? Insegna l’importanza della donazione: può salvare tante vite, come la mia

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