QUEL VOLO CHE CI HA CAMBIATO
Da quel 27 ottobre di dieci anni fa quando sbarcò il primo aereo Ryanair proveniente da Birmingham, Bologna e il suo centro storico sono profondamente cambiati. Il collegamento con la compagnia low cost fu una felice intuizione del presidente della Camera di Commercio, Bruno Filetti, e forse allora la città, impegnata in altre discussioni, non colse pienamente la portata storica di quel cambiamento. Da quel giorno i turisti in città sono raddoppiati e se ci sono altri fattori che hanno contribuito a questo risultato (lo sviluppo più generale dell’aeroporto, l’apertura della stazione dell’alta velocità e i collegamenti con il resto d’Italia, l’azione di promozione turistica avviata dal Comune) è difficile negare l’impatto sulla trasformazione urbana della città che hanno provocato i 25 milioni di passeggeri arrivati a Bologna con la compagnia low cost. Forse non tutti ricorderanno com’era prima del 2008 il centro storico di Bologna la domenica o nei giorni festivi, soprattutto d’estate: qualche negozio aperto in via Indipendenza per chi raggiungeva Bologna in treno da altre città della regione, Beppe Maniglia con i suoi decibel in piazza del Nettuno, i militari annoiati e pochi altri tipi umani a spasso nella giornata libera e quasi nient’altro. Il centro storico sembrava una gigantesca provincia sospesa tra il sabato del villaggio dove i bolognesi avevano riempito le vie della città e l’inizio della ripresa del lavoro il lunedì.
La gente era altrove. Oggi chi passeggia per il centro storico la domenica o in un qualsiasi altro giorno festivo dell’anno trova una città europea piena di turisti e di bolognesi, uno spazio urbano con molti difetti ma vivo e pulsante. È quasi impossibile fare la conta dei nuovi locali che sono stati aperti, dei negozi, dei ristoranti, delle nuove attività: certo, c’è il pericolo di esagerare, di fare indigestione, tanto che questo giornale e molte altre voci in città, hanno messo in guardia dal pericolo che Bologna si trasformi nella «città dei taglieri». I tre milioni di presenze turistiche all’anno sono un punto di equilibrio e superare questi numeri potrebbe aprire nuove tensioni. Bologna non avrà mai i problemi di Venezia, Firenze e Barcellona, ma lo sviluppo massiccio di Airbnb, l’aumento degli affitti in centro rischia di portare i residenti a lasciare il centro storico nel corso del tempo. L’altro rischio che è dietro l’angolo quando una città subisce una così rapida trasformazione urbana è quello di perdere la propria identità e di omologare l’offerta culturale e turistica. Ma è meglio gestire ora questi rischi con intelligenza e buon senso amministrativo che aver perso la gigantesca opportunità di aprirsi al mondo e di entrare da protagonista nel nuovo risiko globale delle destinazioni turistiche. Non poteva essere altrimenti per la città nella quale, a sentire Lucio Dalla, non si perde neanche un bambino, per una semplice ragione: perché Bologna e la sua università sono sempre state aperte al mondo. E c’è da sperare che i 25 milioni di visitatori arrivati in questi anni se ne siano accorti.