Il nome del complice nella confessione di Agim
«Mio fratello mi ha aiutato a portare via i resti di Khadija»
«Ho chiesto a mio fratello di aiutarmi a portare via la spazzatura». C’è il nome del complice del delitto di Valeggio nella confessione resa lunedì all’udienza di convalida da Agim Ajdinai, l’albanese di 51 anni rinchiuso a Montorio per l’omicidio e la distruzione del cadavere di Khadija Bencheikh, la donna marocchina di 46 anni con cui conviveva in piazzale Olimpia. Un crimine atroce, che si è consumato tra la cucina e il bagno dell’appartamento il 29 dicembre e su cui le indagini proseguono.
«Ho chiesto a mio fratello di aiutarmi a portare via la spazzatura». C’è il nome del complice del delitto di Valeggio nella confessione resa lunedì all’udienza di convalida da Agim Ajdinai, l’albanese di 51 anni rinchiuso a Montorio per l’omicidio e la distruzione del cadavere di Khadija Bencheikh, la donna marocchina di 46 anni con cui conviveva in piazzale Olimpia.
Un crimine atroce, che si è consumato tra la cucina e il bagno dell’appartamento il 29 dicembre, mentre il cadavere smembrato della vittima è stato poi ritrovato l’indomani, in un podere in località Gardoni.E in queste ore che vedono le indagini dei carabiniere proseguire frenetiche, è proprio su uno dei fratelli dell’assassino che si stanno concentrando le ricerche.
Agim ha due fratelli: uno, A. Ajdinaj, non c’entra in alcun modo con l’agghiacciante esecuzione di Khadija, risiede in città e non è mai stato nominato dall’omicida nel corso dell’interrogatorio reso in carcere in presenza del gip Paola Vacca,del pm Giovanni Pietro Pascucci e del proprio avvocato, Giampaolo Cazzola. L’altro fratello, V. Ajdinaj, (di cui omettiamo le generalità complete per non ostacolare il lavoro delle forze dell’ordine,
è colui che secondo Agim lo avrebbe aiutato a trasportare i sacchi e il borsone con il corpo fatto a pezzi.
Sempre stando alla versione del reo confesso, il fratello sarebbe stato da lui informato del contenuto di quei sacchi in un momento successivo, ossia quando tutti e due si stavano dirigendo in auto alla volta di Valeggio per abbandonare la «spazzatura» in un campo nella speranza che finisse in pasto ai cinghiali.
Se il ruolo di questo fratello, che al momento risulterebbe irreperibile anche ai suoi stessi familiari che non riescono a mettersi in contatto con lui, si fosse effettivamente limitato al trasporto dei borsoni, l’accusa per lui sarebbe quella di occultamento di cadavere. Nella convinzione degli inquirenti, tuttavia, questo fratello avrebbe fatto anche altro, aiutando direttamente Agim (che soffre del morbo di Parkinson da cui, nonostante le terapie a cui viene sottoposto, gli deriva un’evidente difficoltà motoria) anche nello smembramento del corpo della vittima.
A poter fare chiarezza su un nodo tanto delicato potrebbe essere solo il fratello: trovarlo al più presto, dunque, significherebbe per i carabinieri e la procura chiudere il cerchio delle responsabilità su un femminicidio che ha sconvolto nel crimine in sé ma soprattutto nel modus agendi.
Nel suo racconto in cella, il pensionato albanese ha affermato che quel giorno sfociato nel sangue era rientrato a casa nel pomeriggio e la compagna, come accadeva sempre più spesso, l’avrebbe accolto a suon di insulti per poi afferrare un coltello e minacciarlo: «Ti uccido». A quel punto lui ha detto di aver perso la testa e, servendosi di un batticarne, ricorda di aver infierito sulla vittima più volte alla testa, forse anche al torace. Dopodiché, il film dell’orrore andato in scena nell’appartamento prosegue con Agim che, secondo quanto ha riferito, trascina il corpo senza vita della donna fino al bagno dove le toglie i vestiti e la fa a pezzi. Sempre da solo, da quanto ha confessato lunedì, avrebbe inserito i resti di Khadija in alcuni sacchi della spazzatura e un borsone. Dopo aver commesso tutte quelle atrocità da solo nonostante la patologia fisica, secondo il suo racconto, avrebbe poi contattato il nipote Lisand Ruzhdija (fermato per occultamento di cadavere ma poi liberato dopo la convalida) per chiedergli l’auto che usavano entrambi. Il giovane lo ha raggiunto, e poco dopo sarebbe arrivato anche il fratello: tutti e tre entrano nella casa della mattanza (circostanza immortalata dalle videocamere di sorveglianza), da cui poi il nipote si è allontanato. In casa sono rimasti per alcuni minuti solo i due fratelli, poco dopo i filmati li hanno ripresi mentre scendono le scale del palazzo: entrambi stavano portando giù «la spazzatura».