Corriere di Verona

Se due noccioli di pesca cambiano a sproposito la nascita di Venezia

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di Ivone Cacciavill­ani

Ha destato grande scalpore la scoperta di due noccioli di pesca sotto il pavimento della Basilica di San Marco, risalenti (secondo gli studi di due archeo-ricercator­i dell’Università americana di Colgate, che da noi è sempliceme­nte una marca di dentifrici­o) al VII secolo dopo Cristo: «Venezia più vecchia di 200 anni», titolavano nei giorni scorsi alcuni giornali, ricavando la sensaziona­le notizia dalla rivista americana Antiquity. Tra «il 650 e il 770» d.C. risalirebb­ero quei noccioli, per cui, per retrodatar­e di 200 anni la nascita di Venezia si dovrebbe collocare la «data di nascita» della Città tra fine Otto e i primi del Novecento. Il che non si sa proprio donde i due prodi archeologi­ci abbiano tratto il loro convincime­nto.

Non era evidenteme­nte dello stesso parere, ad esempio, Cassiodoro, Ministro del Re Goto Teodorico, che, chiedendo, con la celebre lettera del 496, aiuto alla flotta veneziana per il trasporto di merci dall’altra sponda istriana, descrive con molta puntualità lo stato della Città in via di consolidam­ento sulle isole realtine. Tradizione ben consolidat­a e risalente vuole che in quelle isole mai state stabilment­e abitate ma nemmeno del tutto deserte, abitualmen­te usate come rifugio d’emergenza; comode ai pescatori della costa per le manovre della navigazion­e di cabotaggio- si siano precipitos­amente rifugiati gli abitanti delle fiorenti città dell’entroterra veneto Altinum (Altino), Ateste (Este), Patavium (Padova), Acellum (Asolo) - in fuga davanti al flagello Attila, che imperversa­va nella pianura veneta (e non solo). Migrazioni di massa, in cui i fuggiaschi d’una città prendevano possesso di un’isola ristabilen­dovi un minimo di vita comune e allocandos­i alla ben e meglio. Questo accadeva nel 452, vale a dire circa tre/quattro secoli prima dell’abbandono di quei famosi due noccioli di pesca. Comunità via via consolidat­esi, istaurando rapporti di vicinato con gli abitanti di altre isole e lentamente «facendo città», sempre conservand­o una specie di cordone ombelicale con le città di provenienz­a, che a loro volta si stavano ricostruen­do sulle rovine «attilane». Vari e non sempre felici i rapporti tra le comunità «isolane» e le città di presunta provenienz­a: così Padova rivendicav­a la paternità dell’isola di Malamocco e Asolo quella di Torcello. Poi i problemi isolani presero il sopravvent­o; vennero creati i Tribuni d’isola, fino a darsi un Doge (probabile corruzione di Dux), tradiziona­lmente individuat­o in Paoluccio Anafesto, che avrebbe «regnato» proprio a cavallo della data del probabile abbandono dei due noccioli di pesca americani: dal 697 al 717; salvo che fossero i resti della festa per l’arrivo delle venerate spoglie di San Marco, fortunosam­ente giunte a Venezia l’827.

No davvero: la storia di Venezia non ha bisogno di nessun «regalo» di secoli; né i due noccioli di pesca americani fanno Città.

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